giovedì 29 aprile 2010

La Comunità armena di San Lazzaro


Venezia è una meta frequentatissima da parte dei turisti di tutto il mondo, attratti dal fascino della laguna, dall’arte, dai paesaggi peculiari della "Serenissima"
Ma non tutti conoscono San Lazzaro degli Armeni, una piccola isola nella laguna veneziana, che si trova immediatamente ad ovest del Lido.
L'isola che è uno dei primi centri del mondo di cultura armena, proprio perché situata ad una certa distanza dalle isole principali che formano il centro storico di Venezia, era nella posizione ideale per lo stazionamento in quarantena e per tale ragione fu perciò usato dal XII secolo come lebbrosario (lazzaretto), ricevendo il relativo nome da San Lazzaro mendicante, patrono dei lebbrosi.
Nell 1717 la Repubblica di Venezia consegnò l’isola di San Lazzaro ad un gruppo di monaci armeni che erano fuggiti dalla persecuzione turca ad Istanbul,
Mekhitar ed i suoi diciassette monaci restaurarono la chiesa e ivi costruirono un monastero, ingrandirono di quattro volte l'isola fino alla attuale grandezza di 3 ettari.
Oggi l'isola di San Lazzaro è occupata completamente da un monastero che è la casa madre dell'ordine dei Mekhitaristi.
La Chiesa di San Lazzaro degli Armeni ospita una biblioteca di circa 200.000 volumi, così come un museo con oltre 4.000 manoscritti armeni e molti manufatti arabi, indiani ed egiziani, tra cui la curiosa mummia di Nehmeket del 1000 a.C. Nella ricca biblioteca sono custodite anche molte opere d'arte di Palma il Giovane e Ricci, oltre ad un bell'affresco del Tiepolo.
I collegamenti con l’isola sono tutt'altro che frequenti e sembra vi sia una sola visita guidata al giorno.
Non si può trascurare di porre in evidenza in queste brevi note che l’isola degli armeni può essere considerata una piccolissima, ma significativa comunità di lingua Armena.

martedì 27 aprile 2010

La minoranza etnolinguistica di Sauris


Iniziamo a soffermarci, come abbiamo annunciato in questo blog nell'articolo del 20 aprile 2010 sulle molteplici minoranze etnolinguistiche diffuse in Italia.
Dedichiamo la nostra attenzione a Sauris, un paese incantevole dell’alta Carnia in Friuli, ma certamente non facile a raggiungersi. Infatti il turista deve andarci di proposito in questo luogo isolato,situato sulla regione montuosa della Carnia in val Lumiei, in un bacino artificiale tra i più grandi del Friuli, creato dallo sbarramento del torrente Lumiei.
E’ un paese da fiaba,che sembra, secondo tradizioni e leggende, sia stato fondato a cavallo tra il XIII ed il XIV secolo da due soldati tedeschi che, stanchi della guerra, fuggirono dalla Germania, rifugiandosi nella valle impervia dell’alta Carnia.
Per questa ragione Sauris, in dialetto tedesco Zahre, è abitato da genti tedesche di lingua tedesca proveniente presumibilmente dalla Carinzia.
Le tradizioni della gente di Sauris sono rimaste intatte nel tempo, nella lingua di origine medievale, nella cultura popolare e religiosa coniugate con un sentimento di stretta appartenenza alla Carnia.
Numerosi sono gli studi su questo idioma di Sauris per molti versi simili a quello sappadino.
Non sono poche le iniziative per diffondere nelle scuole la lingua di Sauris e nelle messe cattoliche viene celebrato il Pater Noster nella lingua di Sauris, Al tempo stesso dovrebbero esservi delle Bibbie tradotte nella lingua di Sauris.
Si può considerare quindi il Paeese più significativo della Carnia,in cui è molto vivo il culto per il santo guerriero Osvaldo, re cristiano di origine inglese, lo stesso a cui è dedicata la chiesa di Cima Sappada (articolo del 1 febbraio 2010)
Il legame a Sappada è molto forte e abitanti dei due Paesi nel mese di Settembre di ogni anno si recano pellegrini in Austria, proprio in Carinzia, appena dopo il confine nlla chiesa di Maria di luggau. Le attività del passato caratterizzano ancora la vita economica del paese: il prosciutto in primis, ma anche i tessuti e gli oggetti in legno rappresentano le maggiori produzioni locali e le principali fonti di occupazione e guadagno.

domenica 25 aprile 2010

Le terre artiche delle isole Svalbard



Fu grande l’emozione quando appresi che dovevo andare per un congresso per alcuni giorni nel luogo più a nord nell’oceano glaciale artico. Finalmente potevo visitare le isole Svalbard a me note soltanto dai libri di geografia.
Queste isole estreme, sono, come è noto,nella parte più settentrionale della Norvegia di cui fanno parte.
Sembra che queste isole scoperte dall'olandese Willem Barents nel 1596 sevivano da base internazionale per la caccia alle balene nel XVII e XVIII secolo e costituivano anche la base di partenza per molte esplorazioni artiche.
La sovranità norvegese venne riconosciuta nel 1920, anno nel quale l'area venne demilitarizzata da un trattato. La Norvegia prese in carico la loro amministrazione nel 1925.
Fu dalle Svalbard che il 23 maggio 1928 il dirigibile Italia, al comando di Umberto Nobile, partì per il Polo Nord, spedizione che come noto ebbe un tragico epilogo.

La gran parte delle Svalbard è coperta da ghiacci. Infatti il nome Svalbard significa "costa fredda". Comunque la Corrente nord-atlantica modera il clima artico, mantenendo le acque circostanti aperte e navigabili per gran parte dell'anno. La principale attività economica è l'estrazione del carbone, cui si aggiungono la pesca e la caccia. La Norvegia dichiara una zona di pesca esclusiva di 200 miglia nautiche, che non è riconosciuta dalla Russia.
Queste sono le sintetiche notazioni storico geografiche.
Interessantissima è la fauna in queste isole contraddistinte da un delicato equilibrio ecologico.
L'elemento più importante della fauna è l'orso bianco, che vive predando le foche, tra cui le più diffuse sono la foca degli anelli e la foca barbata. La renna è presente nella forma nana, mentre il bue muschiato è stato reintrodotto con successo e il tricheco, sterminato in passato, compare adesso sporadicamente. Vi sono anche la volpe artica e la lepre artica oltre ad abbondanti specie di uccelli , presenti a milioni lungo le coste tra cui i rari gabbiani di Sabine e d'avorio.
L’unica isola abitata è Spitsbergen, la piu’ grande, dove vi è la capitale Longyearbyen, sulla foce del fiordo principale dell’isola. Questa citta’ nacque come sede di miniere carbonifere e per questo era abitata fondamentalmente da minatori e pescatori.
Oggi invece le attivita’ principali sono molto piu’ redditizie e meno faticose, infatti il turismo, la ricerca scientifica e le attivita’ commerciali rappresentano le risorse piu’ sfruttate.
In effetti le Isole Svalbard non sono un luogo climaticamente gradevole, in quanto ci sono 4 mesi all’anno di buio completo e le notti raggiungono 40°C sottozero. Per questi motivi la popolazione è soprattutto giovanile perché gli anziani, a causa di strutture attrezzate preferiscono vivere in Norvegia.
I cittadini di Longyearbyen oggi sono soprattutto stranieri, e per la maggior parte studenti e scienziati dell’UNIS (University Centre in Svalbard).
A Longyearbyen vi è lo Spiitsbergen Airship Museum che ha l’obiettivo di di divulgare la conoscenza, la storia e il significato delle spedizioni intraprese con il dirigibile, in Artico.
Nella capitale che conta soltanto qualche migliaio di abitanti si può mangiare molto bene : vi sono infatti ristoranti con cucina internazionale, ma anche quelli a cucina locale in cui si può “gustare”la renna e varie tipi di uccelli ed in qualche caso anche foca e orso polare.
Si può concludere dicendo che un viaggio alle Svalbard è un’esperienza più unica che rara che comunque mi ha lasciato un bellissimo ricordo, legato soprattutto a paesaggi non riscontrabili alle nostre latitudini.
Immaginatevi che vi andai a Maggio quando non vi è il buio ed il tutto assume una dimensione non reale da noi percepita alle nostre latitudini quando vi è un'eclissi solare.Almeno queste sono state le mie sensazioni!

sabato 24 aprile 2010

Sepino: archeologia, storia e tradizioni


Quando si parla dell’Italia archeologica, il pensiero va sovente a Paestum,Pompei, Ercolano in Campania, alle antichità romane, a Segesta,Selinunte ed Agrigento in Sicilia.
Ma questi sono soltanto degli eccellenti esempi perché non meno celebri sono altri luoghi e tra questi Sepino nel Molise e precisamente nella provincia di Campobasso.
Della Sepino sannitica , importante città fortificata che precedette quella romana, rimangono soltanto tratti della cinta muraria sul colle di Torrevecchia .
Il luogo di cui parla Tito Livio veniva usato già in epoca sannitica come punto d'incontro e di scambio dei prodotti agricoli con quelli pastorali in occasione delle migrazioni stagionali delle greggi, quindi scalo e porto di mercato.
Dopo la sconfitta subita dai Sanniti ad opera dei Romani, la popolazione abbandonò il sito di altura di Terravecchia per riversarsi nella pianura ed iniziò a costruire il nuovo nucleo urbano proprio nel punto d'incrocio delle due strade che divennero le arterie principali: il cardo e il decumano massimo.
Ma andiamo con ordine. Perché il nome Sepino? Fa da guida il latino con il verbo saepio ( recingo). La città, secondo recenti scavi, era destinata probabilmente ad accogliere gli ovini durante gli annuali spostamenti della transumanza.
Saepinum infatti è la città romana di pianura che sorge all'incrocio di due importanti strade: il Tratturo Pescasseroli-Candela attraversato dalle greggi transumanti nei loro spostamenti stagionali e l'altra, ad esso trasversale, che scende dal Matese e continua in direzione della fascia costiera
La città a pianta quadrangolare, voluta dallo stesso Augusto tra il 2 aC al 4 dC era già organizzata nel II sec. a.C., come attestano diverse strutture individuate attorno al foro e lungo il lato meridionale della cinta muraria. Alla prima età imperiale si può far risalire la costruzione o il rifacimento dei maggiori e più importanti edifici quali il foro, la basilica, le terme, forse il teatro e soprattutto la cinta muraria.
Lungo il circuito murario, realizzato in opera reticolata, si aprono le quattro porte monumentali in asse con le principali arterie viarie, mentre una serie di torri a pianta circolare sono dislocate lungo l'intero perimetro ad una distanza ci circa 100 piedi l'una d'altra.
Sarebbe limitativo fare menzione soltanto della città archeologica.
Il centro storico di Sepino, infatti racchiuso nell'area dell'antico borgo medievale, è un piccolo gioiello di architettura medioevale nel quale ad un'ampia piazza corrispondono un certo numero di tipici vicoletti, in cui si inseriscono qua e là sobri ed eleganti palazzi, monumenti e non meno pregevoli chiese come quella di Santa Cristina del XIII secolo.
E’ un paese, come del resto tutto il Molise, ricco di tradizioni e feste
Nella notte di San Silvestro ad esempio si svolge "la notte dei bufù", durante la quale si eseguono le "maitunate", i canti augurali e di questua intonati per il Capodanno. nell'attesa del mattino, del nuovo giorno e del nuovo anno. Con l’ausilio del Bufù un tamburo a frizione monopelle.
Sepino, che nell’epoca imperiale,divenne meta di villeggiatura per i nobili romani, è ben conservata ed ospita giustamente un numero di turisti sempre crescente ed è inserita nel calendario estivo di manifestazioni culturali itineranti.

mercoledì 21 aprile 2010

L'abbazia cistercense di Fiastra


Gli ordini benedettini sono stati determinanti per lo sviluppo della cultura europea: basti pensare al semplice motto "ora et labora" per rendersene conto e per comprendere il radicale cambiamento indotto nella struttura monastica dell’epoca. In quel solco tracciato da Benedetto si distingue l’ordine cistercense,che si ispira a San Bernardo anche in antitesi con l’ordine cluniacense. Testimonianze feconde sono le abbazie disseminate su tutto il territorio italiano e caratterizzate da un’architettura di transizione tra il romanico ed il gotico.
Molte sono le abbazie degne di rilievo e tra queste,senz’altro, quella di S.Maria di Chiaravalle di Fiastra del XII secolo rappresenta uno dei monumenti più pregevoli e meglio conservati dell’architettura cistercense in Italia. L’abbazia, al pari di altri abbazie,rispetta il principio di essere ubicata, in zone in conformità alle esigenze monastiche, non molto vicine ai centri abitati e nei pressi delle grandi vie di comunicazione per favorire l'accoglienza dei pellegrini.
Le abbazie cistercensi hanno tutte uno stesso schema, perché tutte si ispirano ad una pianta tipo, che distribuiva gli spazi in conformità ai momenti della vita quotidiana scanditi dalla Regola. L'edificio sviluppa un modulo spaziale quadrato, ispirato ai modelli biblici, in particolare alla Gerusalemme celeste.
La chiesa dell’abbazia, che è stata fomdata nel 1142 ed ha subito numerose vicissitudini, è dedicata a S. Maria di Chiaravalle costruita nel 1200 e che presenta tre navate, una copertura a volta, con la navata centrale di legno ed un portale policromatico. Le absidi sono a forma quadrata secondo la tipica tradizione cistercense. Di fronte alla chiesa in cui vi sono anche pregevoli affreschi con immmagini del Crocifisso e dei Santi (1173) sorge il monastero con un chiostro molto ampio con una bellissima sala del Capitolo. Nell’area abbaziale vi è anche un interessante museo della civiltà contadina che raccoglie oggetti agricoli dei secoli passati
Per chi si dovesse recare a Chiaravalle ha la possibilità di immergersi dunque in una cornice scenografica stupenda per la bellezza dei paesaggio naturale, le dolci colline e la verde pianura.

martedì 20 aprile 2010

Le minoranze etno-linguistiche in Italia

Una delle maggiori ricchezze dell’Italia è la molteplicità di etnie linguistiche presenti sul territorio.
Esse hanno connotazioni peculiari, rappresentative di una feconda cultura e letteratura non solo incentrata sulla lingua italiana, ma anche sulle tante lingue e dialetti presenti nel nord, nel centro, nel sud ed nelle regioni insulari.
Per questo motivo ci dedicheremo nel futuro non solo alla descrizione di luoghi non noti al grande pubblico dal punto vista paesaggistico, culturale ed artistico, ma ci soffermeremo anche sull'approfondimento delle minoranze linguistiche. vero patrimonio della cultura italica.

domenica 18 aprile 2010

Jesi ed i capolavori di Lorenzo Lotto




Ci troviamo nelle Marche, in una zona prossima sia ad Ancona che a Macerata. In un territorio in parte collinare ed in parte pianeggiante si incontra la città di Jesi amministrativamente nella provincia di Ancona e nella valle del fiume Esino.
E’ una citta fortificata:la cinta muraria racchiude il nucleo medievale della città, di compatta forma trapezoidale, per un perimetro di circa 1,5 km. Queste mura, erette nel XIV secolo sul tracciato delle più antiche mura romane, rappresentavano il simbolo della libertà Comunale. Vennero in seguito totalmente ricostruite nel secolo XV ad opera dei famosi architetti militari Baccio Pontelli e Francesco di Giorgio Martini.
Jesi è ricca di storia : infatti ha origini molto antiche e fu fondata dall'antico popolo degli Umbri che furono poi scacciati dalla popolazione celtica dei Galli Senoni che stabilirono il loro insediamento proprio sul fiume Esino
In seguito fu conquistata dai Romani e fu appunto trasformata nella colonia di "AESIS" che assunse il profilo urbanistico della città fortificata.
Ma Jesi è soprattutto la città che ha dato i natali alla grande figura protagonista del medioevo italiano e cioè Federico II di Svevia, dotato di grande sagacia politica ed intellettuale.
Le piazze di Federico II situata sul luogo del Foro romano, all'incrocio fra il Cardo e il Decumano massimi ela piazza dedicata a Costanza d’Altavilla, madre di Federico, posta secondo la tradizione sul posto ove fu dato alla luce Federico II ne sono delle preziose testimonianze.
Ma questi sono brevissimi lineamenti storici che meriterebbero un capitolo a parte per essere adeguatamente approfonditi.
In questa sede vogliamo ricordare Jesi come centro luminoso di cultura nel corso dei secoli:basti riferirsi non solo a Federico II, ma anche a Pergolesi, genio luminoso della musica del settecento, che ebbe i natali proprio Jesi.
Fu una delle prime città italiane a istituire una tipografia. Fu qui che Manuzzi modificò i caratteri di stampa, che prima erano in legno, utilizzando il piombo.
Per gli appassionati della che operò per molti anni nei luoghi marchigiani lontani dai grandi centri di committenza artisticastoria dell’arte si raccomanda di visitare la pinacoteca ospitata nel palazzo Pianetti ove sono raccolte alcune opere celeberrime di Lorenzo Lotto (1480-1556) grande pittore coevo di Tiziano. Egli fu scoperto nella sua grandezza molti anni dopo la sua morte; operò infatti a lungo in luoghi come quelli marchigiani lontani dai veri centri di committenza artistica e per questo ebbe nella sua epoca minore fortuna di altri pittori. A Jesi si possono ammirare opere di grande rilievo di questo grande ritrattista dotato di grande sensibilità, comela visitazione, San Francesco che riceve le stimmate e il Giudizio di Santa Lucia.

giovedì 15 aprile 2010

La Roma mitraica


Roma è senza dubbio il centro della Cristianità, la città eterna per antonomasia, meta di attrazione per visitatori di tutto il mondo cristiani e non.
Ma Roma è anche uno dei centri principali dell'arte di tutti i secoli,come è testimoniato dai moltissimi monumenti antichi, chiese e palazzi.
Vogliamo soffermarci in particolare sulla Roma mitraica perché non tutti sanno forse che ancor prima della diffusione del primo cristianesimo, un’altra importante religione era professata a Roma:quella dedicata al culto mitraico.
Il mitraismo, per molti versi ancora ignoto, perché privo di testimonianze scritte,
è un'antica religione ellenistica, basata sul culto di un dio chiamato Meithras che apparentemente deriva dal dio persiano Mitra e da altre divinità dello Zoroastrismo.
E’ una religione misterica sorta nell’area del Mediterrano orientale intorno al II-I secolo a.C. e venne praticata anche nell'Impero Romano, a partire dal I secolo a.C., per raggiungere il suo apogeo tra il III ed il IV secolo, quando fu molto popolare tra i soldati romani. Il Mitraismo scomparve come pratica religiosa in seguito al decreto Teodosiano del 391, che mise al bando tutti i riti pagani, e apparentemente si estinse poco più tardi.
In ogni tempio mitraico, il posto d'onore era occupato da una rappresentazione del dio Mitra, in genere raffigurato nell'atto di uccidere un toro sacro, (tauroctonia): questa scena rappresenterebbe un episodio mitologico, più che un sacrificio animale.
Roma è piena di mitrei: basti pensare a quello di San Clemente, al mitreo Barberini, a quello delle terme di Caracalla, al mitreo di Santa Prisca ed a quello del circo Massimo
Nella chiesa di San Clemente una ripida scala in fondo alla navata sinistra porta a sotterranei antico romani preesistenti alla prima basilica ove si svolgevano appunto i riti eoterici dedicati al dio Mitra. La testimonianza è data proprio da un bel mitreo: la lunga sala sembra una grotta in cui sono ben visibili gli spazi per i sedili e per la collocazione delle vivande rituali nel fondo vi è un cippo scolpito con la più tipica rappresentazione del Dio Mitra che immola un toro morso da un cane e attanagliato da uno scorpione, mentre un serpente lecca il sangue che esce dalla ferità.
Un mitreo altrettanto importante è quello di Santa Prisca. Nei sotterranei della casa romana della matrona Prisca e di suo marito Aquila vi è collocato un mitreo del III secolo ornato da strane e tipiche figure misteriose del culto esoterico.
Ma questi sono soltanto alcuni esempi di una religione iniziatica da approfondire e di cui vi sono a Roma, come in altre città d'Italia tracce importanti.


The Mithraic Rome

Rome is undoubtedly the center of Christianity, the eternal city for excellence, a place of attraction for visitors from around the world,
But Rome is also a major center of art of all centuries, as testified by many ancient monuments, churches and palaces.
We want to mention in particular the Rome Mithraic, because may be not everyone knows that, even before the spread of early Christianity, another major religion was in Rome: one dedicated to the Mithraic cult.
Mithraism, in many ways still unknown, because no written records,
is an ancient Hellenistic religion originated in the eastern Mediterranean region, around the second-century BC ; it was also practiced in the Roman Empire, from the first century BC, reaching its peak between the third and fourth centuries, when it was popular among Roman soldiers. Mithraism disappeared as a religious practice after the Theodosian decree of 391..
In every Mithraic temple, the place of honor, was occupied by a representation of the god Mithras, usually depicted in the act of killing a sacred bull (tauroctony): This scene represents a mythological, rather than an animal sacrifice.
Rome is full of Mithraea :from that of San Clemente to mithraeum Barberini, one of the Baths of Caracalla, the mithraeum of Santa Prisca and the Circus Maximus
In the church of San Clemente a staircase leads to a nice mithraeum:
A mithraeum equally important is that of Santa Prisca. In the basement of the house of the Roman matron Prisca and her husband Aquila is located a mithraeum decorated with strange and mysterious figures typical of the esoteric cult.
But these are just some examples of this mysteric initiatory religion; many others are in Rome, as in other major cities in Italy traces.

mercoledì 14 aprile 2010

La collegiata di San Quirico d'Orcia


Nel paesaggio incantevole della valle d’Orcia uno dei borghi medievali più importanti è San Quirico che è un raro esempio di struttura urbanistica medievale, come è ben testimoniato dalla sua possente cinta muraria e dalle sue torrette ancora ben visibili.
San Quirico in realtà ha una storia molto antica e complessa nel corso dei secoli per diventare feudo dei Chigi nel 1677.
Ha origine etrusche di cui tracce visibili sono zone di Vignoni e Ripa d’Orcia: si fa riferimento esplicito a San Quirico in Osenna (toponimo etrusco) già dal VIII secolo; divenne poi a partire dal XI secolo un centro sempre più importante della via Francigena o Romea che vide in epoche diverse il passaggio di personalità importanti del mondo ecclesiastico e politico europeo (basti pensare a Federico I che discese in Italia nel 1154).
Numerosi sono i suoi monumenti tra cui gli Horti leonini palazzo Chigi e la chiesa di San Francesco, ma quello di maggior rilievo è la magnifica collegiata dei Santi Quirico e Giulitta.
la chiesa è ricordata fin dal secolo VIII e presenta all'esterno tre portali. Il primo, per chi viene da Siena, è un magnifico esempio di romanico costruito in pietra arenaria e travertino di Bagno Vignoni. Ancora di evidente gusto romanico, seppure con qualche presenza di gotico, è il primo portale di mezzogiorno attribuito a Giovanni Pisano. Lungo lo stesso lato della Chiesa si possono ammirare due profonde bifore, una delle quali presenta la figura di una piccola cariatide dal ghigno inquietante. L'interno è a croce latina con tre absidi, con copertura a capriate lignee nella navata e con volte a crociere nei braci del transetto. In un’ala del transetto si trova collocato lo splendido polittico di Sano di Pietro (scuola senese del XV secolo) mentre sul lato sinistro nella terza arcata si trova la tomba del Conte Enrico di Nassau morto a San Quirico, proprio percorrendo la via francigena
Insomma San Quirico è amena per la storia dell'arte ed i paesaggi della valle in cui si snoda la via Romea di cui San Quirico è un importante crocevia.

domenica 11 aprile 2010

La dogana pontificia di Radicofani



Andando verso Siena, sulla via Cassia si incontra Radicofani che fu per secoli una delle piazzeforti più importanti d’Italia.
Oltre alla via Cassia ha rappresentato un controllo di tutta l’ampia zona circostante e cioè il territorio di Siena, Grosseto, Perugia ed anche Orvieto e Viterbo.
La Rocca appare da decine di chilometri di distanza. Ne resta un torrione quadrangolare circondato da resti di fortilizii più recenti. Il tutto è in realtà una ricostruzione moderna su forme medioevali. Radicofani fu costruita infatti ne Duecento, rifatta nel 1565 e abbattuta nel Settecento.
Nel borgo medievale,il monumento più insigne è la chiesa romanica di San Pietro, del secolo XIII, che conserva all’interno una splendida collezione di terrecotte robbiane e di statue lignee, tra cui spicca una Madonna con Bambino di Francesco di Valdambrino.
Radicofani, con la sua Rocca e con la sua storia e non ultimo le vicende di Ghino di Tacco , brigante vissuto nel XIII secolo, è conosciuta nel mondo e certamente queste note non aggiungono molto.
Ma forse è meno noto il fatto che Radicofani sia uno dei centri importanti della via Francigena ed al tempo stesso sia ubicata proprio ai confini tra il granducato di Toscana e lo stato pontificio entrambi ricostituiti nelle sue dimensioni geografiche nel congresso di Vienna del 1815.
Ebbene proprio sulla via Cassia, nella confluenza con la strada che conduce alla rocca, è situata la dogana pontificia : una bella villa medicea sorta come casa di caccia di Ferdinando I, e poi trasformata in albergo e dogana per i viaggiatori.
Vi sostarono nei loro viaggi tra gli altri Montaigne, Charles Dickens e i papi Pio VI e Pio VII.
Di fronte, vi è un’elegante fontana in pietra dominata da un grande stemma dei Medici.
Il luogo è veramente stupendo!

The papal custom of Radicofani

Going to Siena on the Via Cassia you can meet Radicofani which was for centuries one of the most important strongholds of Italy.
It has represented a control point not only on Via Cassia but also for a wide surrounding area including Siena, Grosseto, Perugia and Orvieto and Viterbo also.
The Rock t is a square tower surrounded by the remains of forts latest. All this is actually a modern reconstruction on medieval forms. Radicofani in fact was built thirteenth century, rebuilt in 1565 and demolished in the eighteenth century.
In the medieval historical centre, the most famous monument is the Romanic church of San Pietro,( thirteenth century), which preserves a wonderful collection of Della Robbia terracotta and wooden statues, among which the Madonna and Child by Francesco Valdambrino.
Radicofani, with its fortress and its history and the events of last Ghino di Tacco, robber lived in the thirteenth century, is well known throughout the world and certainly these notes do not add much.
But perhaps it is less known that Radicofani is one of the important centers of Francigena way and at the same time is located on the border between the Grand Duchy of Tuscany and the Papal (after the Congress of Vienna in 1815.)
Just on the Via Cassia, in junction with the road leading to the fortress, is situated papal customs: a beautiful Medicean villa built as a hunting lodge of Ferdinand I, and then transformed into a hotel and customs for travelers.
Among others Montaigne, Charles Dickens and Pope Pius VI and Pius VII.stayed in this place
On the opposite side , there is an elegant stone fountain dominated by a large crest of the Medici.
The place is really beautiful!

sabato 10 aprile 2010

Sant'Antimo:esempio luminoso di architettura cluniacense



Si varca la porta dell’abbazia e si resta subito incantati dalla semplicità architettonica dell’interno.
Ci troviamo a Sant’Antimo in Toscana,un complesso monastico situato presso Castelnuovo dell'Abate (Siena), all'interno del comune di Montalcino, dedicato appunto ad Antimo un diacono aretino martirizzato probabilmente insieme a San Donato nel 352. La chiesa abbaziale ha una storia molto antica.

Nel 770 i Longobardi incaricarono l’abate pistoiese Tao di iniziare la costruzione di un monastero benedettino e gli affidarono anche la gestione dei beni demaniali del territorio.
Nel 1118 iniziò, al tempo del Conte Bernardo degli Ardendeschi la costruzione della nuova chiesa, sotto la guida dell’abate Guidone.
Le abbazie erano utilizzate in quel periodo come sosta dai pellegrini diretti a Roma, dai mercanti, dai soldati e dai messi dei re. Carlo Magno, di ritorno da Roma nell'781, ripercorrendo la grande via creata dai Longobardi, chiamata in seguito "Francigena" perché "strada originata dai Franchi", giunse a Sant'Antimo e pose il suo sigillo sulla fondazione del monastero.
L’abbazia presenta connotazioni tipiche di impronta francese non cistercense, ma cluniacense:il suo riferimento architettonico è l’abbazia di Cluny:vi è nel deambulatorio elemento di stile francese riscontrabile in Italia soltanto a Sant’Antimo ed altre cattedrali italiane come quelle di Acerenza e di Aversa in Campania.
L'altare maggiore in pietra è costituito da un corpo di base avente la forma di un parallelepipedo completamente privo di decorazioni su cui poggia una lastra di marmo. Dietro l'altare si trova una delle più belle e preziose opere custodite nel tempio :il grande Crocifisso dipinto medioevale che, dopo secoli di abbandono presso il matroneo di destra, è stato ricollocato nel suo posto originario soltanto intorno al 1970 In questa magnifica rappresentazione di Cristo in Croce, Gesù, tiene gli occhi chiusi,appare a torso nudo ed è cinto alla vita da una fascia di stoffa blu bordata d'oro, semplice e ricca allo stesso tempo.
La grande chiesa è rivolta verso occidente con un bellissimo architrave scolpito raffigurante una pianta di vite.
La navata maggiore della chiesa è coperta da una semplice volta a capriate lignee che recano le mezzelune dello stemma Piccolomini: infatti il tetto del tempio è stato rifatto durante il pontificato di Pio II, al secolo Enea Silvio Piccolomini, che affidò, dopo la soppressione dei Guglielmiti, l'abbazia al vescovo di Montalcino Cinughi.
Non meno degno di nota è anche il fatto che oggi l’abbazia di Sant’Antimo sia tenuta da canonici regolari francesi che si ispirano alla regola di Sant’Agostino.

Ogni giorno la comunità si riunisce nella chiesa per celebrare le funzioni dettate dalla regola monastica e tutte le funzioni vengono cantate in gregoriano e in originale lingua latina.
Questo è’ un ulteriore elemento di diversificazione di questa abbazia meta incessante di visitatori ed inserita in un contesto paessagistico di eccezionale bellezza.

Sant'Antimo shining example of Cluny architectureYou walk through the door of the abbey and you are immediately enchanted by the architectural simplicity of the interior.
We are in Sant’ Antimo in Tuscany, a monastic complex located in Castelnuovo (Siena), in the town of Montalcino, dedicated to Antimo a deacon martyred in Arezzo probably with San Donato in 352.
The abbey has a long history.

In 770 the Lombards charged the abbot Tao Pistoia starting construction of a Benedictine monastery and also entrusted the management of state property in the area.
In 1118 he started at the time of Count Bernardo Ardendeschi of building the new church under the guidance of the Guidon.
Abbeys were used at that time as a stop for pilgrims to Rome, merchants, soldiers and kings
.Carlo Magno, on his return from Rome nell'781, retracing the great path created by the Lombards, later called "Francigena" why "road originated by the Franks, came to St. Antimo and put his seal on the foundation of the monastery.
The Italian abbey has not the typical characteristics of French Cistercian footprint, but, exceptionally for Italy, its architectural landmark is inspired to the Abbey of Cluny: there is in the ambulatory component of French style found in Italy only Sant'Antimo and other Italian cathedrals such as those Acerenza and Aversa( Campania).
The altar stone is composed of a base in the shape of a parallelepiped completely devoid of decorations on which rests a marble slab. Behind the altar is one of the most beautiful and precious works kept in the temple, the great medieval crucifix, a magnificent representation of Christ on the Cross,.
The church faces west with a beautiful carved lintel depicting a plant lives.

No less remarkable is the fact that today the Abbey of Saint Antimo is bound by canons regular French inspired by the rule of St. Augustine.

Every day the community gathers in the church to celebrate the functions dictated by the monastic rule and all functions are sung in Gregorian chant and in the original Latin.
This is a further element of diversification of this abbey of exceptional beauty.

martedì 6 aprile 2010

Funiculì Funiculà


In tutto il mondo sono conosciuti i celebri versi napoletani
Jammo, jammo, 'ncoppa, jammo ja', funiculì, funiculà!
Appartengono alla celebre canzone musicata nel 1880 da Luigi Denza con testo di Peppino Turco.
Ma in questa sede non vogliamo soffermarci tanto sulla famosa canzone che era cantata alla festa popolare di Piedigrotta, quanto sulle ragioni che hanno portato il musicista partenopeo a comporla.
La canzone doveva rivolgersi ai turisti e agli stessi napoletani per reclamizzare la funicolare come nuovo ed ardito mezzo di trasporto. Non dobbiamo dimenticarci infatti che prima dell’avvento della funicolare l’ascesa al Vesuvio era possibile soltanto a piedi per tortuosi sentieri od anche mediante l’utilizzazione di muli e portantini.
La funicolare era un sistema di trazione,per quei tempi all’avanguardia, che permise dunque a molti turisti dal 1880 al 1944, (anno dell’ultima eruzione durante la quale la funicolare venne del tutto distrutta), di visitare e ammirare da vicino il vulcano attivo.
Per la cronaca la funicolare del Vesuvio fu soppiantata dalla seggiovia vesuviana, funzionante dal 1953 al 1984.
Insomma la funicolare vesuviana è un ulteriore esempio insieme alla ferrovia Napoli Portici e alle numerosi funicolari cittadine di cui abbiamo parlato nell'articolo del 2 aprile u.s che dimostra come Napoli nei secoli VIII e XIX fosse all’avanguadia tecnologica nel settore dei trasporti
Al bando quindi i luoghi comuni che molto spesso non rendono giustizia su Napoli che non è solo stupenda indiscutibilmentedal punto di vista paesaggistico ed artistito, ma è anche culla di idee illuminate già dai tempi della dominazione borbonica!


Funiculì Funiculì

The famous neapolitan song composed in 1980 byLuigi Denza is known worldwide
Jammo, Jammo, 'ncoppa, Jammo ja', funiculì, funiculà!
Here we do not speak about the famous song that was sung at the festival Piedigrotta, but only about the reasons for which Luigi Denza composed Funiculì funiculà.
The song had to turn tourists and Neapolitans themselves to advertise the funicular as a new and daring means of transport. We must not forget that before the advent of cable car ascent to Vesuvius was possible only on foot or through the use of mules and porters.
The funicular was a drive system, advanced for its time, that allowed so many tourists from 1880 to 1944 (year of the last eruption during which the funicular was completely destroyed), to visit and watch closely active voulcanos..
For the record the Vesuvius funicular was replaced by chairlift Vesuvius, running from 1953 to 1984.
In short, the Vesuvius funicular is another example with the railway Portici- Naples city t showing us that Naples VIII and XIX centuries were technological forefront in the transport sector
Naples is not only beautiful in terms of landscape and artistic, but it is also the cradle of enlightened ideas since the time of Bourbon kingdom










lunedì 5 aprile 2010

Passeggiare per Roma sulle orme di Stendhal


Vi è sempre grande difficoltà nel segnalare itinerari e curiosità romane che non siano già state oggetto di attenzione in libri e guide turistiche pubblicate in tutte le lingue.
Cerchiamo quindi di ripercorrere la città con l’aiuto di Stendhal che nelle sue passeggiate romane ha passato in rassegna le celebri bellezze della "città eterna"
Stendhal raccomanda tra l’altro la visita di ventiquattro tra le più rimarchevoli Chiese di Roma citandone altre ottantasei che meritano egualmente.
Egli classifica le chiese romane in quattro gruppi secondo le loro forme, che disegna ed enumera : la basilica della quale la planimetria generale ricorda la forma di una "carta da giuoco”, quella a pianta rotonda come quella del Pantheon, quella a croce latina che ha la forma d’un crocefisso adagiato a terra e quella a croce greca, come Sant’Agnese.
Commenta superbamente inoltre la visita al Foro Imperiale, con preziosi dettagli anche sul tempio di Antonino e Faustina che “ha l’onore di donare al viaggiatore un’idea perfettamente delineata d’un tempio antico” e considera il Pantheon “il più bel resto dell’antichità romana”, di cui racconta l’appassionante epopea, per passare infine alla Fontana di Trevi che “possiede una gran massa”.
Questi sono soltanto alcune esempi citati dallo scrittore francese che soleva dire
Ci si annoia talvolta a Roma il secondo mese di soggiorno, ma giammai il sesto, e, se si resta sino al dodicesimo, si è afferrati dall’idea di stabilirvisi.
Sarebbe bellissimo passeggiare per Roma con un occhio retrospettivo prezioso come quello di Stendhal:la visita della città ne verrebbe arricchita immensamente.
Provateci leggendo le” passeggiate romane”!


Walking in Rome in the footsteps of Stendhal

There is always great difficulty in reporting routes and curiosity of Rome that are not already been the subject of attention in books and guides published in all languages.
So let us walk the city with the help of Stendhal, author of roman walks in which are described the famous beauties of the eternal city
Stendhal recommends inter alia the visit of twenty-four of the most remarkable churches of Rome eighty-six citing other equally deserving.
He classifies the Roman churches in four groups according to their shapes : the basilica which the general plan resembles the shape of a "paper game" round like the Pantheon, the Latin cross that the shape of a crucifix lying on the ground and the Greek cross, as St. Agnes.
He comments also in excellent way the Imperial Forum, with fine details including the Temple of Antoninus and Faustina, who "has the honor to give the traveler an idea perfectly outlined in an ancient temple" He considers the Pantheon "the best of rest 'Roman antiquity "which tells the fascinating "epopea" to finally go to the Trevi Fountain that" has a great body. "
These are just some examples mentioned by the French writer who used to say
“We get bored sometimes in Rome on the second month, but never the sixth, and if we t remain until the twelfth,we are taken by the idea of establishing themselves.”
It would be great to walk to Rome with a special retrospective valuable as that of Stendhal visit the city it would be immensely enriched.
Try yo visit Rome reading the "Roman walks!

venerdì 2 aprile 2010

La ferrovia Napoli-Portici


Quando si parla di Napoli, il pensiero giustamente va al golfo incantato, alle chiese antiche con pregevoli opere d’arte, alla storia napoletana dagli svevi agli angioini, dagli aragonesi ai borboni ed ai monumenti che la caratterizzano. Ed ancora al meraviglioso popolo, alle sue tradizioni, ai suoi riti sacri e profani.
Pochi o comunque soltanto i veri conoscitori della città partenopea dedicano attenzione al fatto che questa città per anni è stata all’avanguardia nei trasporti.
Il riferimento va alla ferrovia Napoli – Portici,la prima linea ferroviaria costruita in Italia. Fu inaugurata, con grandi festeggiamenti, il 3 ottobre 1839 ed aveva la lunghezza complessiva di soli 7,25 chilometri. Le fonti storiche riportano che la partenza del primo treno avvenne alla presenza del re Ferdinando II di Borbone e delle più alte cariche del Regno. Il percorso venne compiuto in nove minuti e mezzo tra ali di gente stupita e festante. La locomotiva che trainava il treno fu chiamato "Vesuvio".
Nel primo viaggio furono trasportati 258 passeggeri. Nei successivi quaranta giorni ben 85.759 passeggeri usufruirono della ferrovia.
Il pittore di corte Salvatore Fergola immortalò gli avvenimenti nei suoi celebri dipinti.
Molti anni dopo furono costruite le cosiddette funicolari di Napoli, necessarie per muoversi su un territorio molto collinare ed in particolare per raggiungere dal Centro di Napoli la collina del Vomero.

The railway Napoli-Portici

When we speak of Naples, the thought goes right to the bay enchanted to the ancient churches with valuable works of art, to the history of Naples by Swabians to Angevin, Aragonese to the Bourbons and monuments. And yet the wonderful people, its traditions, its rituals sacred and profane.
Only a few connoisseurs of Naples devote attention to the fact that this city has for years been at the forefront in transport.
The reference is to train Napoli - Portici, the first railway built in Italy. It opened with great celebration, October 3, 1839 and had a length of just 7.25 km. Historical sources report that the departure of the first train was at
the presence of King Ferdinand II of Bourbon and of the highest dignitaries of the Kingdom. The route was completed in nine and a half minutes between the wings of people surprised and jubilant. The locomotive pulling the train was called "Vesuvius".
In the first trip were transported 258 passengers. Over the next forty days well 85,759 passengers have the benefit of rail.
The court painter Salvatore Fergola immortalized the event in his famous paintings.
Many years after the so-called cable cars were built in Naples, needed to move on a very hilly area and in particular from the center of Naples to Vomero hill.