giovedì 28 aprile 2011

Sansepolcro la mirabile cittàd'arte patria di Piero della Francesca e Luca Pacioli

Grandi artisti come Piero della Francesca, Luca Pacioli e Dioniso Roberti  e anche molti ltri hanno avuto  i natali  a Sansepolcro in provincia d’Arezzo.
Questa città ricca di arte e cultura, origine dal borgo  sorto intorno all’Oratorio fondato da due Santi Pellegrini Arcano ed Egidio di ritorno dalla Terra Santa per conservare le preziose reliquie del Santo Sepolcro.
San Sepolcro presenta un centro storico  di notevole interesse con stupendi palazzi rinascimentali, chiese ricche di tesori d’arte  e del museo civico in cui sono esposte opere famose di Piero della Francesca ed altri maestri dell’epoca.
Tra i luoghi più interessanti vi sono la Chiesa di Santa Maria delle Grazie iniziata nel 1518 la chiesa di San Francesco, la casa di Piero di Francesca, raffinata testimonianza di architettura quattrocentesca. Ed ancora la chiesa  di San Rocco fatta costruire  nel 1554 dalla Compagnia del Crocifisso, il palazzo Pretorio  ed il palazzo delle laudi che trae il proprio nome dalla Compagnia delle laudi-
Particolarmente interessante è la cattedrale di San Giovanni Evangelista nel cui interno vi è un mirabile polittico di scuola senese del XIV secolo attribuito a Niccolò di Segna.
Ospitato nei locali dell’antico Palazzo Comunale è ospitato il museo civico che raccoglie importantissime testimonianze artistiche e tra queste in primis  la Resurrezione di Cristo di Piero della Francesca, chiamato anche “ il dipinto più bello del mondo”

martedì 26 aprile 2011

La Cuba di Castiglione in Sicilia autentica testimonianza dell’architettura bizantina

La Cuba è un segno tangibile della presenza della cultura bizantina in Sicilia. Si tratta di una cappella bizantina presente in Sicilia, dove le cube vennero erette da monaci basiliani a partire dal VII secolo.

Perché mai in Sicilia? Perchè questa isola è stata storicamente un crocevia fra la chiesa d’oriente e quella d'occidente e soprattutto dopo la caduta dell'impero romano e le successive invasioni barbariche quando divenne territorio dell'Impero bizantino. Con l'afflusso dal Nord Africa e dal medio oriente di profughi ortodossi scacciati dagli arabi diversi cenobi vennero fondati da monaci basiliani, generalmente ortodossi o cattolici di rito greco.
La "cuba" ha origine terminologica  controversa : in latino cupa (botte) e cupula (botticella) o dall'arabo kubba (fossa, deposito) o qubba (cupola), per altri direttamente dalla forma cubica dell'edificio. È un’architettura bizantina a croce greca con pianta, cupola, ambiente centrale e solitamente a tre absidi.
Le testimonianze più importanti conservate fino ad oggi sono la cuba di Santa Domenica nei pressi di Castiglione di Sicilia in provincia di Catania situata sul versante Nord del parco dell’Etna e la cuba della Santissima Trinità di Delia a Castelvetrano.
Santa Domenica è forse la più importante cuba bizantina presente in Sicilia, essendo basata su forme essenzialmente  cubiche pur se allungate.



domenica 24 aprile 2011

Napoli agli occhi dei vedutisti dell'ottocento

 Come era Napoli, la città tanto decantata nel mondo agli occhi dei viaggiatori del Grand Tour?
In particolare quali sensazioni ed emozioni davano le sue bellezze paesaggistiche ed artistiche aii pittori della scuola di Posillipo formatasi proprio nella città partenopea nel terzo decennio dell’ottocento?
Stiamo parlando della scuola dei vedutisti che fu vera espressione del regno borbonico ed autentica testimonianza della Napoli di quel tempo.
I massimi esponenti furono Antonio Pitloo e Giacinto Gigante che si formarono alla scuola del grande Turner, famoso per avere riempito i suoi taccuini di viagio con schizzi sulle bellezze naturali degli incantevoli luoghi del golfo di Napoli.
Sembra interessante fare questo viaggio retrospettivo per ammirare la Napoli dell’epoca.
E’ una Napoli aderente alla realtà vero perché questi pittori erano maestri in un dipingere veduti stico rigorosamente fedele al vero, fin quasi ai limiti dell’illustrazione, la più didascalica possibile dei luoghi raffigurati.
Luoghi celebri come Castel dell’Ovo, Mergellina, Santa Lucia, il Golfo di Bapoli, la riviera di Chiaia, tanto per citarne alcuni, ne sono luminosi esempi. Ed ancora nei dintorni Sorrento, Marina Grande a Capri, Lacco Ameno ad Ischia, il castello di Baia.
Questa scuola, in particolare con il suo esponente di spicco Giacinto Gigante ha raffigurato anche luoghi e monumenti celebri e peculiari come la Cappella del tesoro e la guglia di San Gennaro.

venerdì 22 aprile 2011

Carnac in Bretagna:splendida testimonianza di una civiltà preistorica.

Inquietanti allineamenti di menhir, dolmen incisi da simboli oscuri , tumuli di pietra la cui costruzione è anteriore alle piramidi egizie:siamo in Bretagna a Carnac la capitale dei megaliti, uno dei centri più importanti al mondo per la cultura preistorica.
Fino ad ora, molte sono le ipotesi prese in considerazione per spiegare i misteri di questa civiltà le cui tracce si tramandano nel corso dei secoli. Nessuna ipotesi tuttavia è prevalente e non resta che farsi trasportare dall’immaginazione quando si ammirano questi allineamenti di menhir.
I monumenti megalitici nella zona sono numerosi: dal tumulo di St. Michel lungo 120 metri ed alto12 che ricopre due camere sepolcrali con tombe in lastre di pietra., all’allineamento del Menec con 1099 menhir disposti in 11 file che, attorno al villaggio di Menec formano un semicerchio composto da 70 nmenhir.
Rd ancora dall’allineamento di Kermario a quello di di Kerlescan che presenta un colonnato di 555 pietre.
Questi solo per citarne alcuni tutte testimonianze oscure nel significato di una complessa civiltà del passato scrutata continuamente dagli archeologi alla ricerca di culture misteriche che risalgono a circa 4000 anni a. Ccomplesso dà neolitica (6000-2000 a.C.); è l’impressionante
Ma Carnac non è solo un’immersione nella preistoria e nella civiltà druidica più antica d’Europa; è anche caratteristico per i dintorni e per il susseguirsi di panorami aspri e stupendi costituiti da scogliere e falesie.

martedì 19 aprile 2011

La chiesa di Santo Stefano Rotondo,la più antica struttura circolare sacra a Roma

La chiesa di Santo Stefano Rotondo, posta sul colle romano del Celio, è il più antico esempio di chiesa a pianta circolare ancora presente a Roma.
La chiesa dedicata al protomartire,da poco visitabile dopo restauri durati per lungo tempo, è stata fondata nel V secolo d.C.
In origine era formata da una grande struttura circolare costituita da due corridoi concentrici divisi da file di colonne,che circondavano lo spazio centrale coperto da un alto tamburo. Sui quattro assi della chiesa si aprivano quattro cappelle radiali, oggi ormai scomparse, che davano alla chiesa una pianta cruciforme inserita nella struttura circolare.
L’origine della chiesa è controversa,in quanto secondo alcuni critici, si era ipotizzato che fosse di epoca romana, ma in seguito si è esclusa tale ipotesi . Scavi svolti sotto il pavimento della chiesa (tuttora in corso) hanno portato alla luce un mitreo che doveva essere collegato con la presenza nei pressi dei Castra Peregrina.
Oggi la chiesa ha assunto una fisionomia completamente diversa, poiché le arcate del deambulatorio esterno risultano murate.
Sarebbe riduttivo limitare l’attenzione su questa chiesa che ora ospita il collegio cattolico ungherese ai soli aspetti architettonici originari.
Infatti sembra molto consistente l’ipotesi che in periodo successivo vi abbia lavorato il grandissimo Leon Battista Alberti cui potrebbe essere stato commissionato il restauro dell’edificio da parte di papa Niccolò V.
Non è meno importante ricordare che lungo il muro perimetrale della chiesa sono presenti moltissimi affreschi e per la precisione 34 riquadri affrescati dal Pomarancio, da Antonio Tempesta e da altri.



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lunedì 18 aprile 2011

Stia: la città natale di Bernardo Tanucci

Per chi non lo sapesse, Bernardo Tanucci (1698-1783), il grande uomo politico che godette la piena fiducia del re di Napoli Carlo di Borbone e di suo figlio Ferdinando IV ebbe i natali a Stia, importante centro culturale ed industriale del Casentino in provincia di Arezzo

E’ un filo rosso che collega Stia con il regno delle due Sicilie, e la correlazione è tanto più forte se si pensa che Stia è stato un centro tessile importante, al pari di San Leucio le cui seterie furono fiortenti proprio al tempo dei Borboni.
Ma veniamo a Stia. Sorge ai piedi del monte Falterona, nei pressi della confluenza del torrente Staggia nel fiume Arno, nell'area del Casentino ed il suo nome trae origine dal latino "Staius", che è da ricondurre al vicino torrente Staggia.

Nel Medioevo Stiaappartenne  ai conti Guidi di Porciano, i quali fecero costruire sul territorio la propria abitazione, chiamata "di Palagio", lungo la riva del torrente Staggia.

Attorno alla residenza dei Conti Guidi si sviluppò il borgo che nel corso del Trecento sviluppò una fiorente manifattura tessile che produceva panni di lana.

Qui nacque il celebre "panno Casentino".

Stia rimase sotto la giurisdizione dei Guidi fino al 1402, anno in cui la Repubblica Fiorentina assediò l'intero territorio, conquistandolo

Il borgo fu dapprima sotto la dominazione dei Granduchi de' Medici, ai quali si deve la costruzione della Chiesa di Santa Maria delle Grazie, che costituisce un tipico esempio dell'architettura fiorentina e quindi sotto quella dei Duchi di Lorena.

Questi ultimi intrapresero un'imponente opera di bonifica del territorio che favorì lo sviluppo dell'agricoltura e conseguentemente la crescita demografica e economica di Stia.
Agli inizi dell'Ottocento l'attività dei lanifici era già ben avviata: tra i vari lanifici quello Rossi era il più importante. Nello stesso periodo era anche diffusa la produzione vinicola.

Nel 1861 Stia venne annessa al Regno d'Italia dal Re Vittorio Emanuele II di Savoia.
Ora la fabbrica non è più funzionante ed ospita un caratteristico museo del tessile in cui si trovano tutti i macchinari dell’epoca e ben spiegati i cicli di lavorazione della lana a partire dalla tosatura delle pecore e dalla cardatura alle fasi finali della lavorazione.


venerdì 15 aprile 2011

La Cattolica di Stilo:superba testimonianza bizantina in Calabria.


Siamo a Stilo in Calabria, la patria del  filosofo Campanella, nella valle del torrente Stilaro, denominata valle bizantina.
 Lì si trova la cosidetta Cattolica, una delle chiese più piccole della Calabria , nota per essere rappresentativa del massimo esempio di architettura sacra bizantina in tutta la regione.
Perché Cattolica? La denominazione stava ad indicarne la categoria delle chiese privilegiate di primo grado, infatti con la nomenclatura impiegata sotto il dominio bizantino nelle province dell'Italia meridionale (soggette al rito greco), la definizione di katholikì spettava solo alle chiese munite di battistero.
Ci troviamo di fronte ad un cenobio bizantino con struttura a pianta quadrata,costruita in laterizi, mattoni pieni, intersecati da malta interstiziale. Gli elementi decorativi esterni sono in cotto. L'edificio è sormontato da cinque cupolette cilindriche divise da quattro elementi a botte con bifore. La cupola centrale presenta quattro bifore con stampelle di diversa forgia, mentre le altre quattro cupolette sono illuminate da monofore.
All'interno la Cattolica è divisa in nove quadrati uguali da quattro colonne di spolio, prelevate certamente da resti architettonici dell'antica Kaulon. Nel fusto di una di esse si legge l'iscrizione in greco referente al mistero dell'Epifania: "Dio il Signore apparve a noi". Le tre absidi orientate costituivano l'elemento centrale della liturgia bizantina. Quella centrale è detta bema, e conteneva un piccolo altare, le absidi laterali invece avevano funzione di prothesis a sinistra e diaconikon, a destra. Sulle pareti si notano affreschi a più strati, che testimonierebbero il passaggio attraverso cinque cicli di storia. Il primo strato è relativo al X secolo, epoca della costruzione del cenobio bizantino e contiene raffigurazioni di santi guerrieri in tipico stile bizantino.
Il secondo strato pittorico è di epoca normanna e raffigura San Giovanni Crisostomo in perfetto stile basiliano.
Il terzo è di epoca sveva raffigurante l'Annunciazione.
Il quarto strato pittorico è di tecnica gotica-internazionale e rappresenta San Giovanni Battista con altri santi.
L'ultimo strato pittorico rinvenuto nella chiesa Cattolica di Stilo, rappresenta il sonno eterno della Vergine, sul manto della quale si notano gigli angioini che ne suggeruscono la datazione.
Massima è dunque l’emozione che si prova a visitare questa piccola chiesa bizantina vero crogiolo di storia plurisecolare.



mercoledì 13 aprile 2011

L'abbazia di San Fedele a Poppi e il culto di San Torello

Tra le abbazie nel Casentino merita attenzione l’abbazia di San Fedele.Si trova a Poppi ed ha origine dalla celebre ed antichissima abbazia di Strumi già originariamente monastero benedettino e fu edificata per volere dei condiGuidi e terminata intorno all’anno 1200
Nella seconda metà del XI secolo il monastero adottò la regola vallombrosona.
In seguito l'originario monastero divenne angusto e tra il 1185 e il 1195 si trasferì all'interno del castello di Poppi e la consacrazione della nuova chiesa di San Fedele venne fatta dal vescovo di Fiesole.Ingrandita nei secoli seguenti e internamente trasformata in stile barocco, nel 1810 l'abbazia venne soppressa e ridotta a semplice parrocchia.
Venne restaurata negli anni trenta del secolo scorso in stile romanico.
L'interno è a una sola navata, con pianta a croce latina e capriate lignee che sorreggono la copertura.
Nel presbiterio si trova l'altare maggiore realizzato nel 1296, una Croce dipinta della seconda metà del XIV secolo mentre sulla parete sinistra si trova San Benedetto in adorazione dell'Assunta di Jacopo Ligozzi e sulla parete destra Madonna col Bambino e quattro santi di Antonio da Settignano detto il Solosmeo datata e firmata 1527, alla parete di fondo dell'abside si trova San Giovanni evangelista e Santa Caterina del Passignano.
Nella chiesa  vi è una cripta composta da tre navatelle su due pilastri si trovano, all'interno di un'urna in noce le spoglie del Beato Torello di Poppt, eremita morto nel 1182 e di cui il culto è molto diffuso a Poppi e nelle aree circostanti.

Egli visse come eremita per 60 anni, conducendo una vita ascetica e contemplativa nel luogo solitario chiamato Avellaneto (ora Villaneto).
E’ venerato come Patrono di Poppi e del Casentino e protettore dei fanciulli e delle partorienti.


domenica 10 aprile 2011

La pieve di Romena: mirabile esempio di architettura romanica nel Casentino


Non distante dall’abbazia di Vallombrosa nel Casentino, fondata da San Giovanni Gualberto,uno dei principali riformatori della regola originaria di San Benedetto si trova l’abbazia di Romena, al centro di una bellissima campagna cui fanno da arco le vette dell'Appennino
E’ collocata in un ridente paesaggio verde e collinare che ispira serenità ed invito alla contemplazione.
La Pieve di  Romena che,come ogni Pieve, è situata in zone facilmente accessibili ai fedeli, nasce con il nome etrusco Rumine che diviene successivamente la romana Rumenius Ciò è testimoniato dai numerosi reperti etruschi ritrovate nell’area circostante.
La pieve, così come la vediamo oggi, fu invece edificata nel 1152 e fu realizzata su iniziativa del pievano Alberico, artigiani locali e maestranze lombarde probabilmente formatesi in Francia.
La pieve,vero centro di accoglienza per i pellegrini che scendevano dal nord Europa per dirigersi verso Roma, è a tre navate, percorse da colonne possenti che sostengono le volte a botte e le capriate del soffitto. La solidità dei sostegni e la ruvidezza della pietra usata (arenaria locale) le conferiscono un aspetto austero: se però si seguono i gradini dell'altare e si accede nell'area del coro, la pieve sembra ingentilirsi: l'abside, con la serie di bifore e trifore, con i loggiati di colonnette e capitelli, raccoglie la sobrietà e la trasforma in leggerezza.
La pieve è ricca di simbologie ed i capitelli , dipanano un piccolo universo di figure umane e animali, di simboli e di forme; il film del creato si snoda in un avvicendarsi di scene nelle quali, tutte le dimensioni dell'umano, gli angeli e i demoni, il bene e il male, sembrano potersi incontrare testimoniando ancora una volta l'accoglienza di Dio, che accetta anche la parte di noi che è oscura, che non è ancora luce.
Nella parte sotterranea della Pieve sorge una pieve preesistente a tre absidi di cui è incerta, secondo i critici d’arte, la datazione.

martedì 5 aprile 2011

Bolgheri ed i cipressi cari a Giosuè Carducci

I cipressi che a Bolgheri alti e schietti

Van da san Guido in duplice fila

Quasi in corsa giganti giovinetti

Mi balzarono incontro e mi guardar

Questi sono i celebri versi della poesia davanti a San Guido, di Giosuè Carducci che visse dal 1838 al 1848 a Bolgheri, un borgo toscano nella provincia di Livorno, che si raggiunge proprio attraverso l’immortalato viale dei cipressi

Alla fine del viale rettilineo si trova prima, sulla destra, la cappella di San Guido, fatta erigere nel 1686 da Simone Maria della Gherardesca per commemorare la liberazione di Budapest dai Turchi, e poi si giunge al rosso castello di Bolgheri tra le cui mura si trova il piccolo borgo.
Il nome deriva da un insediamento militare di Bulgari alleati dei Longobardi, qui attestati in posizione difensiva contro un eventuale sbarco di truppe bizantine provenienti dalla Sardegna
Fin dalla sua origine Bolgheri fu dominio dei conti della Gherardesca.
Imponente è il suo castello costituito da diversi corpi di fabbrica che si snodano attorno al nucleo originario del villaggio e con la sua torre a pianta rettangolare, caratterizzata da un arco a sesto acuto che da accesso al borgo; al di sopra è posto lo stemma della famiglia Della Gherardesca, mentre più in alto si aprono due finestre a bifora sovrapposte.
Il castello dopo aver subìto vari attacchi sia nel 1393 quando fu bruciato dai fiorentini, sia nel 1496 quando fu saccheggiato dall’esercito dell'imperatore Massimiliano, cominciò a risorgere da tante rovine all'inizio del XVIII secolo per opera dei conti che diedero un certo impulso alle attività agricole della zona, la bonifica di alcune zone paludose, la costruzione di un orfanotrofio e di un acquedotto che rifornì di acqua potabile il paese.




venerdì 1 aprile 2011

Il duomo dell'Assunta e di San Cerbone a Massa Marittima,autentica sintesi di arte romanica e gotica

Nel cuore del grossetano in Toscana si trova la splendida Massa Marittima di origine etrusca,distesa tra le Colline Metallifere e circondata dalla campagna maremmana.
E’ un comune molto importante ai tempi del Medioevo,ripartito in antico e nuovo e dal borgo medievale si può raggiungere la città nuova, percorrendo i vicoli antichi e ripidi
La sua storia è complessa perché Massa Marittima dopo aver condiviso le alterne vicende di Pisa e di Siena, nel XVI secolo fu sottoposto al potere dei Medici.
Dopo lunga decadenza, soltanto nel XIX secolo, ritornò ad essere importante , grazie a Leopoldo II che realizzo una bonifica che liberà la terra massetana,
Proprio per questa ragione Massa assume il nome di marittima, malgrado sia distante dal mare: infatti l’aggettivo marittima è da imputarsi completamente alla natura del territorio da sempre caratterizzato da paludi insalubri e assolutamente inospitabili.
In questo borgo si ritrovano angoli suggestivi e caratteristici e punti panoramici che si affacciano a valle fino al mare.
Moltissime sono le opere d’arte e tra queste primeggiano: il Palazzo Comunale, le Fonti che cingono il famoso affresco dell’Abbondanza e il Palazzo del Podestà sede del museo archeologico e soprattutto la cattedrale di San Cerbone, autentica sintesi di architettura romanica e gotica con influssi pisani.
La cattedrale, che ha forma a croce latina divisa a tre ordini di arcate, è caratterizzata da una facciata su cui sono rappresentate le Storie di San Cerbone che secondo la tradizione sarebbe stato un vescovo africano nato da genitori cristiani e vissuto nel 500 d.C.
Egli sarebbe altresì diventato vescovo nel territorio massetano e sarebbe morto nell’isola d’Elba. Le tre colonne centrali del timpano posano su tre figure: un uomo barbuto, un grifone e un cavallo. I fianchi, dove si distende una serie di arcate cieche, rivelano un'esecuzione duecentesca di carattere pisano, sottolineata anche dalla decorazione bicolore dell'alzato, presente sul fianco destro.
Il campanile conserva il carattere originario nella parte inferiore nei primi del duecento.
L'abside, con vaste finestre ogivali, ha caratteristiche senesi ed è frutto di un ampliamento della preesistente chiesa forse attribuito a Giovanni Pisano; a sinistra della porta d'ingresso, sotto un trittico trecentesco ad affresco con la Madonna in trono col Bambino e santi attribuito alla scuola di Duccio di Bonisegna, è collocato un sarcofago romano del IV secolo. Sulla destra della controfacciata si trova una serie di pannelli scolpiti in pietra tenera, databili secondo alcuni all'alto Medioevo, secondo altri al XII-XIII secolo. Sopra i pannelli, due affreschi con la Crocifissione (XIV secolo) e una Storia di San Giuliano (XV secolo).
Il rosone ha una vetrata di scuola senese col Redentore in gloria e Storie di San Cerbone.