mercoledì 26 maggio 2010

Le vestigia feudali di Sant’Elmo a Napoli


Napoli vanta quattro castelli importanti dal punto di vista storico ed artistico:Maschio Angioino, Castel dell’Ovo, Castel Capuano e Castel Sant’Elmo.
Quest’ultimo è il meno conosciuto dai napoletani anche perché per molti anni non è stato accessibile ai visitatori.
Il castello rappresenta uno dei più significativi esempi di architettura militare cinquecentesca ed era concepito su pianta stellare con sei punte che sporgono di venti metri rispetto alla parte centrale e collocò, in luogo dei tiranti, enormi cannoniere aperte negli angoli rientranti
Cinto da un fossato era dotata di una grande cisterna per l'approvvigionamento d'acqua. Prima del fossato sorge una piccola chiesa dedicata, nel 1682 dagli spagnoli, a Nostra Signora del Pilar.
Purtroppo poco o nulla è rimasto dell’originario castello medievale: le sue vestigia sono andate infatti distrutte e testimonianza fondamentale ed unica è la tavola Strozzi del XV secolo conservata nel museo Capodimonte di Napoli.Nella tavola lungo i margini della collina del Vomero che appare coperta da una fitta vegetazione, compare in primo piano il recinto esterno del Chiostro di San Martino.
Alle spalle del chiostro si colloca il forte angioino di cui è riconoscibile sempre nella tavola il sistema delle difese del forte che fu eretto intorno al 1328 in un luogo in cui era originariamente esisteva una torre costruita dai normanni e chiamata Berfort intorno alla quale Carlo d’Angiò fece costruire poderose mure di cinta.
Il castello nel corso dei tempi fu dotato di prigioni e nel 1604 fu rinchiuso nel forte il filosofo Tommaso Campanella frate domenicano irr Accanto a Catel Sant’Elmo è situata La Certosa di San Martino che è tra i maggiori complessi monumentali di Napoli e che rappresenta in assoluto, uno dei più riusciti esempi di architettura e arte barocca insieme alla Reale Cappella del Tesoro di San Gennaro. la Certosa ospita dal 1866 il Museo di San Martino in cui sono raccolti preziosi presepi napoletani tra cui quello "Cuciniello"
Questo castello nel succedersi delle sue costruzioni e demolizioni è dunque un evidente esempio dell’importante ruolo che Napoli ha assunto nel corso dei secoli dal punto di vista artistico: in tale contesto si colloca il castello Sant’Elmo che nella sua forma originaria doveva rappresentare senza dubbio una delle opere più significative del dominio angioino nella città partenopea.

domenica 23 maggio 2010

Il borgo ellittico di San Martino al Cimino


Il complesso dell’abbazia di San Martino al Cimino appare come una gemma incastonata nel Paese omonimo che si trova sul versante meridionale dei monti Cimini nella riserva naturale del lago di Vico.
Il visitatore che si rechi in questa superba abbazia cistercense rimane incuriosito dal singolare aspetto delle abitazioni che stanno intorno: una schiera di casette accostate le une alle altre, con tetti digradanti con un bizzarro gioco di simmetrie ellittiche.

San Martino al Cimino deve la sua attuale conformazione urbanistica ad Innocenzo X ed in particolare a donna Olimpia Pamphilij Maidalchini vedova di suo fratello . Fu questa, infatti, a dedicarsi alla sistemazione dell’abitato, fino ad allora stretto intorno all’Abbazia cistercense, affidandone il progetto a Marcantonio de’ Rossi ed altri grandi nomi del tempo tra cui il Bernini e il Borromini.
San Martino fu costruito su un’altura, a 561 metri di altitudine sul livello del mare. Una lunga teoria di case a schiera di identiche dimensioni e forma appoggiate alla cinta muraria esterna, costituiscono appunto, l’impianto urbanistico del paese che, visto dall’alto, presenta una forma semi-ellittica. Le case rappresentarono il risultato di uno studio standardizzato, una sorta di case popolari a riscatto. La cerchia muraria ha due uniche aperture: una a monte e l’altra a valle, in direzione di Viterbo; l’una e l’altra porta si aprono sulle due strade principali, che conducono direttamente ai due centri, religioso e politico, della città: la chiesa ed il palazzo.
Non possiamo tralasciare di soffermarci sia pure sinteticamente sull’Abbazia che sorse durante la prima metà del XIII secolo su una precedente risalente ad almeno due secoli prima, ad opera dei monaci cistercensi francesi di Pontigny.
L'edificio religioso presenta una facciata solenne ornata da un rosone e da una grande polifora gotica: ai lati si ergono due basse torri campanarie di aggiunta posteriore sormontate da cuspidi piramidali. Particolarmente armonioso è il retro della costruzione con l'abside poligonale di pietra. Sul fianco della chiesa si aprono i resti del chiostro di cui non restano che poche colonne sobrie ed eleganti. L'interno, semplice ed austero, ricorda le grandi cattedrali gotiche e le abbazie cistercensi per l'altissimo soffitto a crociera, le ampie finestre ed il colonnato con pilastri a croce.
Non meno degno di rilievo è il Palazzo Doria Pamphilij, eretto incorporando parte dell’ex convento (portale romanico), da Donna Olimpia Maidalchini-Pamphilij. Completamente ristrutturato nel 1652 da vari maestri tra cui il Bernini, ospita oggi alcuni corsi dell’Università degli Studi della Tuscia e la sede dell’Azienda di Promozione Turistica di Viterbo. Al suo interno si trovano pregevoli sale affrescate, saloni con ricchi soffitti lignei, fregi in affresco, una notevole scala in peperino e un camino monumentale.

lunedì 17 maggio 2010

La Trinità di Vallepietra nella cornice dei monti Simbruini



Al confine tra il Lazio e l’Abruzzo si trova il Parco naturale dei Monti Simbruini, un’area protetta di 30000 ettari,coperta soprattutto da boschi.
Il parco,che fa parte del sistema appenninico e che comprende comuni importanti come Cervara di Roma, Jenne , Subiaco, Vallepietra , Filettino, è assai ricco di acqua da cui il toponimo Simbruini (sotto le piogge) che alimenta anche parte della Capitale.
Il territorio, morfologicamente carsico, rappresenta un singolare intreccio di natura e cultura con i suoi santuari e monasteri, tangibile segno di profonda spiritualità. Qui la fauna è ricca e composita; tra i mammiferi sono presenti il lupo, l'orso, il capriolo, il tasso, la volpe, il gatto selvatico, l'istrice, la martora, lo scoiattolo, la faina, il cinghiale. Numerose le specie di uccelli tra le quali, con un po' di fortuna, è possibile avvistare il falco pellegrino, l'allocco, il gufo e l'aquila reale. Altrettanto rigogliosa è la flora con genziane, narcisi, gigli e viole ;caso più unico che raro è la presenza delle orchidee.
L’aspro territorio tra l’altro è stato fin dall’antichità sede di vie di transumanza legate alla cultura pastorale appenninica ed in particolare in epoca romana divenne noto per la grande ricchezza paesaggistica e di risorse idriche, sfruttate a fondo mediante ardite opere di ingegneria idraulica.
Fu proprio in questa area che Nerone sbarrò il corso del fiume Aniene con tre dighe, creò laghi artificiali e fece costruire una splendida villa di cui oggi rimangono soltanto dei ruderi.
In questa stupenda cornice San Benedetto alla fine del V secolo fondò il suo primo monastero, dopo aver dimorato per tre anni in una grotta vicina, oggi visitabile il Sacro Speco.
Sorsero successivamente ben 12 monasteri tutti lungo la valle di cui resta a testimonianza quello di Santa Scolastica
Ma qui vogliamo parlare del Santuario della Trinità di Valle Pietra che ha l’aspetto di una piccola chiesa di montagna; è posto su un ripiano ai piedi dell’immensa e impressionante parete rocciosa del monte Autore, a 1.337 metri di altitudine a soli due chilometri dal confine del Lazio con l’Abruzzo.
La sacra costruzione sorge in un luogo occupato nei primi tempi del Cristianesimo da pochi eremiti. o monaci orientali cui si dovrebbeee l’origine del culto.
L’atteggiamento benedicente alla maniera greca delle “Tre Persone” ivi venerate e la particolare toponomastica dei luoghi circostanti potrebbero avvalorare tale ipotesi. Infatti il monte posto di fronte al Santuario si chiamava fino al secolo scorso Sion e il paese più vicino, dal versante abruzzese, è Cappadocia (come la regione orientale).
Un’altra ipotesi attribuisce la fondazione del Santuario a San Domenico di Sora.
Nel santuario l’antico grande affresco che rappresenta le “Tre Persone” occupa la parte più elevata della parete occidentale. In esso v’è l’evidente impronta dell’iconografia bizantina. Esse sono dipinte sedute su un unico Trono, benedicenti alla maniera greca unendo il pollice con l’anulare, con un libro aperto nella mano sinistra e poggiato sulle ginocchia.
La somiglianza del loro sguardo, il medesimo abbigliamento, l’identico atteggiamento nel benedire, significa con evidenza che il gruppo è da considerarsi, secondo la teologia, trino e uno. .
E’ una trinità insolita perché secondo la Chiesa Cattolica la raffigurazione della Trinità è, in forma di colomba, del Padre e del Cristo Crocifisso.
L’interpretazione dell’autore dell’affresco di Vallepietra (di scuola romana del 1100-1200) è accettata considerando la tradizionale devozione popolare che lo riguarda.
Altre pitture parietali che qui si ammirano sono ispirate a passi del Vangelo, resi secondo lo stile bizantino: L’Annunciazione, La Natività, L’Adorazione dei Re Magi, La Presentazione di Gesù al Tempio.
Altrettanto interessante è la visita alla Cappella di Sant’Anna fatta scavare nella viva roccia.
Al di sopra dell’altare c’è un’icona dipinta che rappresenta Sant’Anna e la Madonna Bambina. Il quadro fa parte di una bella trifora avente ai lati la raffigurazione degli Apostoli Pietro e Giovanni.

Vi si svolge di consueto un pellegrinaggio a piedi nelle notti dopo Pentecoste in cui migliaia di persone si incamminano dai propri rispettivi paesi per raggiungere, alla vigilia della solennità della Trinità, l’impervio Santuario.
Degno di nota è anche Il pianto delle zitelle,una laude sacra composta all’inizio del 1700. E’ rappresentata e cantata dalle “Zitelle” sul piazzale del Santuario la mattina della festa della SS. Trinità. Tutte sono vestite di bianco, solo la Madonna veste di nero. Attraverso i simboli e i personaggi che hanno accompagnato le ultime ore della vita di Gesù e la sua morte, il Pianto, struggente, invita i pellegrini alla conversione facendo rivivere intensamente la Passione di Cristo.

sabato 15 maggio 2010

La cinta muraria di Roma


Si toccano con mano, passeggiando per Roma, secoli di storia: ruderi romani, chiese, monumenti ne sono una vivida testimonianza.
Eppure,credo,che una delle maggiori sintesi di una storia lunga e complessa sia rappresentata mirabilmente dall’insieme delle vecchie mure difensive romane.
Le più antiche sono le mura repubblicane, cioè costruite negli anni della gloriosa repubblica di Roma. Queste denominate Serviane risalgono al quarto secolo a.C. e ricordano la resistenza ad Annibale ed ai Galli
Ne rimangono i tratti in varie parti della città come sul lato sinistro del Palazzo Senatorio, Piazza del Campidoglio, a Largo Magnanapoli, a Via Salandra;
presso la stazione Termini s'identifica l'antica Porta Viminale, per l'Arco di Dolabella si individua la Porta Celimontana, mentre un ottimo tratto di mura si trova a Piazza Albania, nel quartiere Aventino.
Ma le vere mure evocative della potenza romana sono quelle imperiali e tra queste le mura aureliane avviate dall'imperatore aureliano nel 271 d.c. e completate attorno al 275 d.C. Sono state in gran parte sacrificate per la costruzione delle strade cittadine: rimangono Porta Pinciana, Porta Salaria, dove entrarono i Visigoti nel 410 e di cui rimane solo la traccia al suolo, Porta Pia, spostata dal suo luogo originario sotto Pio IV attorno al 1564; Porta Maggiore, che corrisponde all'incrocio dell'Acquedotto Claudio con la via Prenestina e via Labicana; Porta San Giovanni, che sostituì nel 1574 l'antica Porta Asinara; Porta Metronia; la Porta Latina ,Via Latina, la Porta San Sebastiano, la Porta Ardeatina, la Porta San Paolo.
Le Mura Aureliane oltre il Tevere salivano invece lungo il Gianicolo per ridiscendere fino alla Porta Portuense, all'altezza di Testaccio. Le porte di corrispondenza erano la Porta Settimiana, ma l'aspetto attuale è dovuto a Pio VI, la Porta Aurelia che si conservò fino al 1849, all'assedio della Repubblica Romana, oggi sostituita da Porta San Pancrazio, e la Porta Portuense, sulla via omonima, anche questa scomparsa.
Furono costruite successivamente le Mura Leonine e Vaticane e la parte più imponente è il tratto dal Castello al Vaticano, allo stesso tempo trasformato in passo di sicurezza per collegare i palazzi pontifici alla fortezza. La cinta muraria aggirava la Basilica di S.Pietro saliva sul Gianicolo e scendeva verso il Tevere. S
Le Mura dei Borghi Nuovi furono invece costruite nel sedicesimo secolo per proteggere i nuovi borghi oltre il muro leonino e vi si aprivano Porta Castello, che è scomparsa alla fine del secolo insieme con la cinta muraria e la Porta Angelica, di cui rimangono pochi rilievi marmorei.
Le mura che attualmente costeggiano il territorio della Città del Vaticano furono commissionate da Paolo III, con Michelangelo che progettò il primo bastione, e da Urbano VIII. Comprendono Porta Pertusa, presso la Torre di San Giovanni, Porta Fabbrica, oggi murata, Porta Cavalleggeri, che vide l'ingresso dei Lanzichenecchi nel 1527, oggi distrutta per agevolare il traffico cittadino, e Porta Santo Spirito, costruita da Antonio Sangallo il Giovane nel 1544.
Le mura insomma dànno la misura nel corso dei secolidella progressiva espansione del tessuto urbano, anche ora che a tratti sono soffocate dalla espansione edilizia della città. Proprio per questo un visitatore attento dovrebbe dedicare il proprio tempo almeno ad un percorso parziale.

mercoledì 12 maggio 2010

Il borgo di Caserta vecchia


Una delle mete più visitate è Caserta, una città industriosa della Campania ricca di monumenti artistici di eccezionale livello: basti pensare alla superba reggia vanvitelliana ed al suo immenso parco per rendersene conto.
Se ad esempio si consulta un libro di storia del regno borbonico delle due Sicilie, si costata come la reggia abbia assunto un preminente ruolo nella storia artistica e culturale del Mezziogiorno d’Italia.
Qui si vuole incentrare l’attenzione tuttavia sul borgo di Caserta Vecchia posto a 450 metri di altezza a memo di 10 Km da Caserta.
Spopolatasi fin dal dal XVI secolo, ha conservato l’aspetto di un borgo medioevale,affascinante ed interessante, stretto intorno alla piazza del vescovado sulla quale domina la Cattedrale, insigne esempio d’architettura composita arabo-normanna. Sovrastano il borgo le rovine dell’antico castello con il mastio ancora intatto.
Casa Hirta, poi Caserta ed oggi Caserta vecchia, nell’VIII secolo fu una rocca dei Longobardi e nel secolo successivo rappresentò una sicura protezione per gli abitanti della pianur minacciati dai saraceni,
Nel 1062 fu occupata da Riccardo I, conte di Aversa, e divenne normanna. La Cattedrale è la eccellente testimonianza di questo periodo.
Passò quindi agli Svevi e il conte di Caserta, Riccardo Di Lauro, fu consigliere e fiduciario di Federico II. La città fu quindi angioina e poi aragonese (1442), dominazione, quest’ultima, che segnò l’inizio della decadenza della città.
La costruzione della Reggia di Caserta, iniziata nel 1752 per volontà di Carlo III di Borbone, e l’abbandono nel 1842 della stessa Cattedrale, trasformata in parrocchia, diede avvio alla decadenza della vecchia Caserta.
La cattedrale situata nella scenografica piazza del Vescovado è di superba bellezza.
La chiesa costruita per volontà del vescovo Rainulfo e poi ultimata intorno al 1153fu dedicata a S.Michele Arcangelo al quale i normanni erano molto devoti.
Nell'edificazione della chiesa e del famoso campanile - costruito poco dopo- si prese spunto da diversi stili (arabo-siculi, benedettini, romanici ecc.) e quindi l'insieme appare del tutto particolare. Secondo alcuni critici parrebbe essere stata costruita ad imitazione della Badia di Monte Cassino.
Secondo altri storici dell’arte alcuni particolari costruttivi sarebbero stati indotti anche da artisti operanti ad Amalfi.

La facciata della Cattedrale (XII secolo) presenta figure di animali simbolici; le finestre e le porte sono messe in risalto da cornici di marmo bianco.

L’interno è a tre navate, maestoso, con lapidi e sepolcri di Vescovi, Conti e signori.
Altrettanto interessante è la Chiesa dell’Annunziata in stile gotico, con bel rosone e tre monofore ogivali. Essa ha, all’interno, un’unica navata con grandi monofore e arco trionfale affrescato. Godibile la facciata, preceduta da un portico del ‘700 in cui si apre un ricco portale di marmo, e il campanile a tre piani.
Non meno interessante è ol castello con un grpsso mastio circolare dalla base di pietra di svevo-
Oggi, durante “Il Settembre al Borgo”, nel cortile del castello si svolgono spettacoli teatrali e musicali.

sabato 8 maggio 2010

La Comunità ebraica di Roma


Nel nostro viaggio attraverso l’Italia,soffermiamoci ancora una volta su Roma. Ma questa volta non per parlarvi della Roma Caput mundi o della Città Eterna, centro del Cristianesimo, ma per focalizzare l’attenzione sulla comunità ebraica romana (altre importanti in Italia sono a Venezia, Livorno, Firenze) il cui influsso culturale è stato ed è certamente rilevante su tutto il territorio romano.
Essa è la più antica al mondo e la sua esistenza è nota sin dal II secolo a.c,quando gli ebrei giungevano schiavi dalla Palestina, allora sotto il dominio romano
Questa comunità,sia nei primi secoli, sia durante tutto il medioevo non ebbe particolari difficoltà di convivenza con la popolazione cristiana. Le cose purtroppo andarono diversamente nel tardo Rinascimento quando la Chiesa di Roma,dopo lo scisma protestante,diede un grosso giro di vite nei confronti della popolazione non cristiana. Il neoeletto papa Paolo IV decise di rinchiudere l'intera comunità ebraica entro un'area molto ristretta e impose severe leggi discriminatorie.
Il ghetto tuttora esistente, comprendeva le poche strette vie situate fra piazza Giudea (oggi scomparsa) presso la chiesa di Santa Maria del Pianto, i resti del Portico d'Ottavia.
I residenti potevano lasciarlo solo durante il giorno; poi, dal tramonto all'alba successiva, i tre accessi al quartiere venivano serrati a mezzo di grosse porte, sorvegliate da guardie, la cui retribuzione era a carico della stessa comunità.
Questa è in pillole la storia di una comunità le cui vestigie sono antichissime: le più remote sono le iscrizioni mortuarie trovate nelle sei catacombe finora note e che servivano come cimiteri sotterranei (Monteverde,via Labicana, la via Appia e Via Nomentana) . E’ degna di rilievo la sinagoga di Ostia antica i cui resti vennero alla luce nel 1961 durante la costruzione dell’aeroporto di Fiumicino.
Secondo gli archeologi essa è da considerarsi la più antica sinagoga non solo di Roma, ma di tutta l’Europa occidentale
Poco o niente rimane invece del Ghetto anche se molti romani ebrei vivono ancora in quella zona fra lungotevere dei Cenci, via Catalana e via Portico d’Ottavia.
Vero gioiello è il Tempio maggiore, l’attuale Sinagoga di Roma ubicata sul lungo Tevere. L’edificio è un misto di stile Liberty e di arte babilonese. Lo stile dell'epoca di costruzione si fonde infatti con richiami all'origine mediorientale della religione ebraica.
Non è secondario infine ricordare che da tempo è presente una lingua degli ebrei di Roma che ha prodotto opere poetiche di tutto rispetto, che hanno influsso rilevante ad esempio nella Festa dei Noantri che si svolge nel mese di Luglio.

giovedì 6 maggio 2010

La comunità italiana di New York


Non vi è turista che,recandosi in USA, non abbia soggiornato alcuni giorni nella città di New York o meglio come diceva Ruggero Orlando "Nuova York"
Sarebbe superfluo e ripetitivo parlare di New York: vi sono infatti pagine e pagine sulla megalopoli per eccellenza che si distingue per essere a sé stante nel contesto americano.
E’ un crogiolo di tradizioni e di etnie diverse, di fantasmagorie notturne, di ristoranti e di divertimenti di ogni genere. E’ancora il punto di ferimento nel mondo per l’arte contemporanea e così come era Parigi all’inizio del novecento, rappresenta il centro culturale più di frontiera nel mondo.
Ma qui intendiamo rivolgere l’attenzione sulla comunità italiana , che anche se perfettamente inserita nel tessuto cittadini, si distingue tuttavia per le sue peculiari caratteristiche che sono ancorate fortemente alla cultura italica di origine.
LittleItaly è il più famoso dei quartieri con popolazione italiana negli Stati Uniti e si trova a New York nella parte meridionale di Manhattan, una delle cinque "circoscrizioni" (borough) che compongono la città. Dalla metà del XX secolo, gli italoamericani hanno iniziato a trasferirsi in altri sobborghi cittadini più periferici e da allora l'estensione di Little Italy è andata riducendosi.
Il quartiere italiano con l’andare degli anni ha ridotto le proprie dimensioni a vantaggio di Chinatown . Il quartiere cinese ha assorbito buona parte di quella che una volta era Little Italy. Allo stesso modo a nord in prossimità di Houston Street, l'area che una volta era occupata da Little Italy ha perso il suo aspetto tipicamente italiano. La parte di Mulberry Street, lungo la quale si allineano i negozi italiani (in particolare i ristoranti), tra Broome Street e Canal Street, è quello che rimane della Little Italy di Manhattan.
A New York esistono altre Little Italy. Della storica presenza italiana a East Harlem, conosciuto una volta come Italian Harlem, rimangono poche presenze italiane. Il Bronx ha la sua Little Italy lungo Arthur Avenue.
In tutte le little Italy di newyork abbondano negozi italiani com ad esempio salumerie fornitissime di podotti nostrani italiani.
Sono sempre vive le tradizioni e ricorrenze come ad esempio la festa di San Gennaro santo patrono di Napoli che consiste in una festa popolare della durata di circa due settimane.
La popolazione di origine italiana risiede per lo più a Brooklyn dove esiste un vero quartiere italoamericano, Bensonhurst, e in misura ancora maggiore a Staten Island.
Nel parlare della comunità italiana non nascondo rispetto e commozione perché la storia della comunità riporta inevitabilmente ai sacrifici dei tanti italiani costretti la lasciare i paesi di origine e le proprie famiglie per andare alla ricerca del lavoro

martedì 4 maggio 2010

Porto Recanati: caleidoscopio di paesaggio, cultura e arte


Il legame tra Recanati e Giacomo Leopardi è indissolubile e per questo non solo turisti, ma soprattutto studiosi e critici letterari soggiornano a Recanati per consultare la biblioteca e studiare le "sudate carte" dell’insigne Poeta.
Non meno degno di rilievo è comunque per il visitatore Porto Recanati che si incontra lungo la costa Adriatica, proprio ai confini tra la provincia di Macerata cui appartiene e quella di Ancona.
Porto Recanati è proprio all’inizio della bellissima riviera del Conero che vanta anche altri luoghi ameni come Numana, Sirolo e la punta del Conero
Vi è un incantevole litorale costeggiato in gran parte da uno lungomare pedonabile che parte proprio dal centro di Porto Recanati;
Su di esso si affacciano le tipiche casette colorate dei pescatori, tutt'oggi presenti e attivi nel rispetto delle tradizioni, a ricordo dei tempi antichi in cui i pescatori, venendo dal mare distinguevano la casa proprio dal colore in cui era tinteggiata.
Ma Porto Recanati non è solo paesaggio marino e litorale affollato di stabilimenti balneari, alberghi e ristoranti; è anche importante per i reperti archeologici ed artistici.
La zona di Porto Recanati conserva infatti, poco più a sud dell'attuale centro, i resti della romana Potentia, colonia marittima fondata nel 184 a.C. e abbandonata nel V sec. d.C.; al XII sec. risale la fondazione dell'abbazia di S.Maria in Potenza, costruita nei pressi dei citati resti. La storia dell'attuale centro comincia invece nel 1299, quando Federico II ordina la costruzione di un castello e di un porto tra le foci dei fiumi Potenza e Aspio; il castello, più volte distrutto e ricostruito, fu completato nel XV sec, mentre il grande porto non fu mai realizzato. Nel XVI sec. la città cambia il proprio nome in Porto Giulio, in onore del papa Giulio II - di questo periodo è la costruzione della chiesetta della Banderuola, sul luogo della prima leggendaria "traslazione" della Santa Casa di Loreto. Da sempre strettamente legata alla città di Recanati, in quanto suo prezioso sbocco sul mare, Porto Recanati raggiunge l'autonomia solo nel 1893. Di notevole interesse artistico è la Pinacoteca Moroni.
Una curiosità linguistica: pur scarsamente documentato, il dialetto della città costituirebbe una parlata di transizione tra quelle anconetane e quelle maceratesi, in una sub-area del gruppo anconitano detta osimano-lauretana,che comprende parlate già differenti dall'anconitano vero e proprio per l'influsso del maceratese.
Ed ancora: forti sono i legami tra Porto Recanati e l’Argentina e la storia comune iniziò con le grande ondate migratorie del 900.
Migliaia le famiglie marchigiane che arrivarono su queste sponde, perché spinte dalla mancanza di lavoro e la povertá nel natio loco ma portatori di una cultura millenaria e di valori etnici di cui rilevante è la traccia nel Paese sudamericano.

domenica 2 maggio 2010

Curiosità toponomastiche romane


Quando si parla di Roma ovviamente il pensiero va alla sua storia ed alla sua arte.
Roma tuttavia è anche un’enciclopedia di curiosità che trova riscontri in documenti antichi ed anche nei libri dei grandi viaggiatori tra cui eccellono Goethe e Stendhal nonchè moltissimi pittori di storie romane.
Una branca importante da cui si possono trarre preziose informazioni sulla Roma di "tutti i giorni" nel corso dei secoli è proprio la toponomastica in cui vi è in sostanza “il razionale” dei nomi assegnati alle varie strade.
Gli esempi curiosi, meritevoli di nota sono tanti:basti pensare a Piazza delle Coppelle il cui nome trae dal mestiere prevalentemente esercitato nella zona.
Qui infatti erano insediati i "cuppellari", fabbricanti di "cuppelle", i piccoli barili che servivano per il trasporto del vino.
Roma riconoscente intitolò alla categoria una chiesa, Santa Maria in Cappella, dove "Cappella" richiama l’antico nome di "cuppella"
Altro esempio significativo è dato dalla via dell’Arco della Ciambella la cui storia è molto articolata. Sembra infatti che tutto derivi da un ritrovamento di una corona imperiale fatto durante gli scavi delle terme di Agrippa al Pantheon voluti dal cardinale della Valle.
La corona apparve somigliante a certe ciambelle che all’epoca si mangiavano a Roma. L’oste di un’osteria lì accanto, cavalcò l’onda dell’entusiasmo per il ritrovamento e intitolò il locale “all’Arco della Ciambella “. A oggi il nome è l’unico sopravvissuto: la locanda è scomparsa e i resti delle terme furono demoliti
Ancora più intressante è la toponomastica di via due Macelli.
Questa via copre un tratto dell'antica via Paolina, così chiamata perché costruita per volontà di Paolo III Farnese (1534-1549). In seguito mutò il toponimo in via dei Due Macelli a causa di due spacci di carne (uno dei quali appartenente al duca Mattei) che qui erano situati, dove la carne veniva macellata e venduta finché Leone XII fece costruire, nel 1825, il mattatoio fuori di Porta del Popolo
Nella Via Due Macelli, si scoprirono nel 1889 levestigia d'una piccola chiesa od oratorio cristiano. Forse quella di S.Ippolito che rientra nel novero delle tante chiese scomparse di Roma
Gran parte della vita culturale ed artistica di Roma ha trovato sede nei palazzi che delimitano la strada.
Ancora oggi assume rilievo il teatro Margherita che fu uno dei primi café chantant italiani ispirato ai corrispondenti locali francesi.
Vi approdarono comici e prime donne nostrane, bellissime cantanti e ballerine: Lina Cavalieri, Amalia Faraone, Anna Fougez e tante altre. Gli artisti non furono da meno: Ettore Petrolini, Renato Cantalamessa, Raffaele Viviani, Trilussa e Gennaro Pasquariello.