domenica 31 ottobre 2010

La cattedrale d'Otranto: lo stupendo pavimento musivo

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La Puglia, l'antica Apulia è tutta bella da visitare: non mancano infatti stupendi scorci    paessagistici e chiese di eccelso livello testimonianza della storia pugliese.
Il viitatore tuttavia non deve dimenticare di visitatore Otranto fondata  dai Tarantini con l'antico nome di Hudrantum nome derivato dal fiume Idro. Fu città greca della Iapigia prima di divenire uno dei principali porti di collegamento con la Grecia. Divenne poi importante centro bizantino per poi tornare sotto la chiesa di Roma. Divenne in seguito città normanna rimanendo comunque un centro di raccolta di mercanti ed importante crocevia mercantile.Un terribile evento tuttavia segnò la storia di Otranto: la violentissima aggressione dei Turchi che fecero strage di 899 persone raccolte nel Duomo e ciò avvenne nel 1480. Subito dopo venne la ineluttabile decadenza.
Testimonianza importante  di questi eventi che si sono succeduti nel tempo è proprio la cattedrale di Otranto edificata nel 1088 su quello che era un tempio, ed è stata consacrata al culto nel 1088 durante il papato di Urbano II.

La Cattedrale è decorata con elementi bizantini romanici e gotici. Sulla facciata della cattedrale si può notare un portale barocco risalente al 1764 ed un rosone di epoca rinascimentale formato da 16 colonnine in pietra leccese disposte intorno ad un nucleo in stile gotico. L’ interno della cattedrale è composto da colonne in granito e marmo che dividono la Cattedrale in 3 navate. Il tetto è ricoperto in legno con particolari decorazioni dorate.

All’interno, troviamo degli affreschi sulle pareti in stile bizantino, ed una cripta del XI secolo di grande valore storico artistico.

La cripta si divide in 9 navate e 72 colonne con capitelli in stile ionico, corinzio, bizantino ed islamico. La cripta è accessibile tramite due scalinate situate all’interno cattedrale.

L’ elemento più importante che copre tutta la navata principale è il Mosaico pavimentale realizzato dal monaco Pantaleone che raffigura “l’Albero della Vita“. Il mosaico si compone di oltre 600.000 pezzi di composizione calcarea e si estende per oltre 16 metri.

Il mosaico della cattedrale di Otranto è stato realizzato con delle tessere policrome di calcare locale molto duro. La tendenza di stile è romanica, con alcuni elementi bizantini. L'opera musiva si snoda lungo la navata centrale, le seminavate laterali, l'abside e il presbiterio. Il tutto simboleggia il dramma dell'uomo nella lotta tra il bene e il male, tra la virtù e il vizio.

E' un grande libro di pietra che va letto pagina dopo pagina per comprenderne pienamente il grande messaggio simbolico.


Sulla navata destra sono conservati in 7 grandi teche i resti degli 800 martiri di Otranto, assassinati dai turchi sul colle Minerva per aver rinnegato la fede islamica. Dietro l’altare è deposto il sasso utilizzato per la decapitazione dei martiri.

giovedì 28 ottobre 2010

Antonio Stoppani e il "Bel Paese"

Non ci soffermiamo in questo articolo sulla descrizione di luoghi interessanti dal punto di vista artistico e paesaggistico,: incentriamo invece l’attenzione su una figura luminosa del XIX secolo che ha dedicato la sua vita allo studio geologico e paesaggistico dell’Italia.

“ Ma il mondo fisico della Svizzera, si riduce, possiam dire, alle Alpi; mentre il nostro mondo è assai più vasto e infinitamente più ricco di fenomeni e di naturali bellezze. Alle bellezze ed alle ricchezze scientifiche delle Alpi, noi aggiungiamo quelle così diverse dell'Appennino; e quando avremmo descritto i nostri ghiacciai, le nostre rupi e le gole delle Alpi e delle Prealpi, troveremo altri nuovi mondi da descrivere: le emanazioni gassose, le fontane ardenti, le salse, i vulcani di fango, i veri vulcani o vivi o spenti, il Vesuvio, l''Etna, poi ancora il mare e le sue isole, i climi diversi, le diverse zone di vegetazione, dalla subtropicale alla glaciale e così via discorrendo, ché l'Italia è quasi (non balbetto nel dirlo) la sintesi del mondo fisico."

Queste è quanto scrive Antonio Stoppani nel suo libro divulgativo “ il bel Paese”

Si proprio il Bel Paese da cui ha tratto il nome il famoso formaggio italiano.

Nacque il 15 agosto 1824 a Lecco, nel 1835 entrò nel Seminario di Castello per studiare grammatica. Ben presto sentì la vocazione per il sacerdozio e passò quindi al Seminario di Monza e successivamente a quello di Milano dove fu consacrato prete nel 1848.

Fu insegnante di geologia e scrisse una grande mole di lavori scientifici tra cui la più celebre è appunto “il bel Paese”, un ponderoso volume di divulgazione scientifica in cui raccontava con linguaggio semplice e piacevole le bellezze naturalistiche del territorio italiano. Egli immagina uno zio che, al ritorno delle vacanze, sia interrogato dal nipotino su quanto visto e così, nell'arco di 34 "serate", descrive la bellezza dei fenomeni naturali in Italia, spaziando dalla città di Milano ai marmi di Carrara, dalle descrizioni geologiche delle Alpi  e a quelle vulcanologiche con particolare riferimento  al Vesuvio.

E’ un libro importante di facile lettura divulgativa che mostra l’Italia in lungo in largo mettendone in evidenza gli aspetti geologici e paesaggistici.

Se ne consiglia la lettura perché è sempre attuale.

lunedì 25 ottobre 2010

L'Agro Pontino: il culto della Dea Mater Matuta

La pianura pontina viene sempre ricordata come l’insieme delle terre bonificate dalle paludi e dalla malaria al tempo del fascismo.
Poco si è detto e si dice ed ancora poco sul patrimonio paesaggistico, storico e  soprattutto archeologicoarcheologico.
In tutto il lazio era diffuso in periodo arcaico il culto per la Dea dell’alba Mater Matuta.
Invero un tempio bellissimo dedicato alla dea dell’alba esiste in forma integra e nella sua armoniosa bellezza  a Roma.
Consacrato da Romolo fu distrutto nel 506 a.c. e ricostruito nel 396 a.c da Marco Furio Camillo, nell'odierna area di Sant’Omobono realizzato, forse, all'epoca di Servio Tullio (secondo quarto del VI secolo a.C.).
La sua festa (Matrialia) veniva celebrata l'11 giugno a questo culto erano ammesse solo le donne vergini o sposate una sola volta, il cui marito era ancora vivo, mentre le donne schiave ne erano severamente escluse.
Un altro tempio,non certo meno interessante dedicato alla dea era nella città di Satricum nell'agro pontino, ora scomparsa.


Le prime notizie su Satricum ci sono fornite da Dionigi di Alicarnasso, autore di una lunga storia di Roma al tempo di Augusto. Secondo lo storico greco Satricum partecipò, nel 499 a.C., alla congiura delle trenta città latine contro Roma, ordita da Tarquinio il Superbo intenzionato a riconquistare il trono.
Non si hanno più notizie di Satricum per circa un secolo, anche a causa degli esiti della guerra tra Romani e Volsci (V sec. a.C.).
Nel 346 a.C. i Romani la rasero al suolo, risparmiando solo il tempio della Mater Matuta: da questo momento in poi Satricum smette di esistere come città e diventa un luogo di pellegrinaggio.
Il tempio compare ancora nelle cronache di Livio durante la seconda guerra punica (218-201 a.C.), quando i Romani considerarono cattivo presagio la caduta di un fulmine sul tempio della Mater Matuta, avvenuta nel 207 a.C., ultima data storica tramandata su Satricum.
La certezza che questo sito riservasse imponenti resti archeologici, si ebbe già nei primi anni del ‘900, in seguito ad occasionali rinvenimenti e scavi sistematici che hanno portato, per merito dell’istituto archeologico olandese, all’identificazione del tempio dedicato alla Mater Matuta e al rinvenimento di resti di edifici civili, di abitazioni, di impianti di difesa, di una necropoli di epoca volsca e di resti di una villa di epoca romana.

(L’illustrazione rappresenta una Mater Matuta in una statua cineraria del V sec. a.C. conservata a Firenze, Museo Archeologico Nazionale).



venerdì 22 ottobre 2010

Mozia :testimonianza importante degli insediamenti fenici in Italia

Mozia isoletta situata nel trapanese rappresenta una delle più importanti testimonianze della presenza fenicia in Italia.

Non è il solo centro archeologico in Italia perché ve ne sono altri altrettanto rilevanti come Sant’Antioco, Monte Sirai e Antas tutte in Sardegna,
Mozia è un'antica colonia fenicia fondata nell'VIII sec. a.C. su una delle quattro isole della laguna dello Stagnone, l'isola di San Pantaleo (nome datole in periodo alto medievale da monaci basiliani trasferitisi sull'isola).
Il nome di Motya, probabilmente dato dagli stessi Fenici, significherebbe filanda e sarebbe collegato alla presenza di stabilimenti per la lavorazione della lana, qui impiantati.
L'isola, come la maggior parte delle altre colonie fenicie, era una stazione commerciale ed era un punto d’approdo per le navi fenicie in rotta nel Mediterraneo.
Con l’espansione greca che avviene a partire dall’VIII secolo soprattutto nella zona orientale della Sicilia, i Fenici sono costretti a ripiegare sulla parte occidentale e Motya accresce la sua importanza divenendo una cittadina.
Nel VI sec. si acuiscono i contrasti tra Greci e Cartaginesi per il predominio sulla Sicilia e Mozia viene coinvolta; si arriva a cingerla di mura che ne permettano una difesa migliore. Nel 397 Dionisio il Vecchio, tiranno di Siracusa, assedia la città e pone fine alla sua esistenza. Gli abitanti si rifugiano sulla terraferma nella colonia di Lilibeo, l'attuale Marsala.
Questa è la storia in pillole di Mozia che è meta di assiduo turismo soprattutto per la visita agli scavi archeologici legati al nome di Giuseppe Whitaker, un nobile inglese della fine dell'800 la cui famiglia si era stabilita in Sicilia ed aveva avviato un fiorente commercio di esportazione di vino Marsala.
Prendiamo in esame sinteticamente alcuni aspetti archeologici salienti
Le fortificazioni che cinsero Mozia a difesa del colonizzatore grco a partire dal VI sec. a.C.
La Porta Nord che–è la principale delle due porte che consentivano l'accesso alla città,
Cappiddazzu che -è la zona che si erge alle spalle della porta Nord. In cui si riconosce un edificio a tre navate che aveva probabilmente una funzione religiosa.
La necropoli in cui una serie di pietre tombali e di urne caratterizzano la necropoli arcaica ad incinerazione.
Il Tophet –che delinea l'area sacra, un santuario a cielo aperto ove venivano deposti i vasi contenenti i resti dei sacrifici umani. Una pratica diffusa era l'immolazione dei primogeniti maschi.
Il Cothon che- è un piccolo bacino artificiale di forma rettangolare collegato al mare aperto da un canale che probabilmente serviva da porto per imbarcazioni piccole e leggere che facevano probabilmente la spola tra l'isola e le navi ancorate allargo, per il carico e scarico merci.
La Casa dei Mosaici -chiamata così per la presenza di due bei mosaici in ciottoli bianchi e neri, raffiguranti un grifo alato che insegue una cerva ed un leone che assale un toro.

Non va omessa infine la visita al Museo che raccoglie importanti e significativi reperti archeologici.







martedì 19 ottobre 2010

S.Stefano del Cacco a Roma ed il culto isiaco

Moltissime chiese di Roma si trovano costruite su luoghi di culto di religioni precristiane,
E’ il caso di San Clemente e Santa Prisca per quanto riguarda il culto mitraico di cui abbiamo già parlato in un precedente articolo.
Non meno interessanti sono i luoghi di culto egizi e particolarmente quelli isiaci cioè dedicati ad Iside, la dea della natura della fecondità e madre di tutte le cose.
In Roma, il culto isiaco fu perseguitato a più riprese e si propagò in tutte le parti dell’impero. In Italia, il culto della divinità egizia si sviluppò prevalentemente nell’epoca Imperiale, ed ebbe una diffusione di gran lunga maggiore rispetto a quello di Dionisio (Bacco) e Cibele.
Molte sono le tracce e testimonianza di questo culto a Roma e la più antica è l'Iseo Campense la cui ubicazione è identificabile in un passo di Giovenale che lo colloca nei pressi dei Saepta Iulia, ma soprattutto in base a tre frammenti della Forma Urbis,che ci permettono anche di ricostruirne le dimensioni in pianta (220x70 mt.)
La complessa struttura del tempio si sviluppa secondo un asse Nord-Sud, ed è compresa attualmente a Nord da piazza S. Macuto  e via del Seminario , a Est da via di Sant'Ignazio.
Quasi nulla sopravvive delle strutture del tempio, ma possiamo trovare numerose tracce della sua presenza presso la chiesa di S. Stefano del Cacco che ospitava sulla sua facciata una statua del dio Thot, sotto forma di cinocefalo, ribattezzata subito dal popolino con il nome di "Macacco" e poi "Cacco", mentre nello stesso luogo è stata rinvenuta una dedica a Serapide
L'origine della chiesa è molto antica ed è fatta risalire a papa Pasquale I nel IX secolo, la cui immagine era raffigurata nel mosaico absidale distrutto nel 1607.
Risalgono al XII secolo il campanile, inglobato ora nel monastero accanto, e l'abside.
L'interno si presenta a tre navate (tipo basilicale). Conserva un affresco di Perin del Vaga raffigurante Cristo in pietà, e nell'abside il Martirio di santo Stefano di Cristoforo Casolani.


domenica 17 ottobre 2010

La chiesa di Sant'Uberto a Venaria

Il Piemonte è costellato di residenze sabaude grandi epiccole di cui molte sono dedicate
Vi è una stretta analogia in termini artistici con le ville vesuviane.
Se le prime testimoniano il fasto dei Savoia, le seconde suggellano la grandezza borbonica a Napoli di cui abbiamo già trattato in un precedente articolo di questo blog.
La famiglia reale di Savoia cominciò nel XVI secolo a commissionare il rifacimento di antichi castelli (anche di epoca romana) e la costruzione di nuove residenze, delizie e capricci, nella cintura verde che circonda la capitale del Regno di Sardegna.
Sono tutte residenze patrimonio dell’Unesco che eccellono per bellezza e particolarità, costruiti in una miscela tra lo stile manieristico e il trionfante barocco piemontese: opere di importanti architetti come Amedeo e Carlo di Castellamonte, Filippo Juvarra, Guarino Guarini e Pelagi.
Le principali ,come è noto, sono: Il Palazzo Reale di Torino,Palazzo Madama, Palzzo Carignano, il Castello del Valentino Villa dell Regine tutte a Torino ed altre non meno importanti come la palazzina di cacci a Stupinigi, la reggia di Venaria Reale il Castello di Rivoli, il castello ducale di Agliè, quello di Moncalieri ed altri.
La reggia di Venaria è una delle maggiori residenze sabaude probabilmente la più grande per dimensioni.
La reggia ,il cui nome proviene da Venatio Regia in omaggio al’arte venatoria, fu progettata e costruita in pochi anni (1658 - 1679) su progetto dell'architetto Amedeo di Castellamonte. A commissionarlo era stato il duca Carlo Emanuele II che intendeva farne la base per le battute di caccia nella brughiera collinare torinese.
L'insieme dei corpi di fabbrica che costituiscono il complesso, enorme se si considera l'estensione (80.000 m2 di piano calpestabile), include il parco ed il borgo storico di Venaria, costruiti in modo da formare una sorta di collare che rievoca direttamente la Santissima Annunziata, simbolo della casa sabauda.
Al borgo si unirono ben presto molte case e palazzi di lavoratori e normali cittadini che vollero abitare nei dintorni della Reggia, fino a far diventare Venaria Reale un comune autonomo della provincia di Torino.
Dedicheremo a suo tempo uno spazio maggiore alla descrizione di queste stupende residenze.
Incentriamo l’attenzione sulla chiesa di Sant’Uberto realizzata nel corpo della reggia di Venaria.
E’ considerata uno dei capolavori del barocco internazionale. Fu edificata fra il 1716 e il 1729, su progetto dell'architetto Filippo Juvarra che ricevette la commissione da Vittorio Amedeo II di Savoia.
Non è un caso che questa chiesa sia dedicata a Sant’Uberto il vescovo delle Ardenne vissuto nel scolo VI e considerato il patrono dei cacciatori, dal momento che molti rappresentanti della famiglia Savoia fossero dedicati all’attività venatoria.
A pianta centrale, è provvista di un altare in marmo in stile barocco. La parte alta (ovvero il "piano nobile") della struttura presenta alcune balconate sulle quali si affacciavano i membri della famiglia reale quando assistevano alla Santa Messa.
La chiesa, essendo inoltre "incastonata" tra i palazzi tanto da non permetterne la costruzione della cupola nella zona centrale, neè simulata la presenza Giovanni Antonio Galliari affrescandola come trompe l'oeil . L'apparato scultoreo della cappella fu realizzato tra il 1724 e il 1729 dal carrarese Giovanni Baratta che realizzò dapprima l'altare maggiore, poi i quattro giganteschi dottori della chiesa (Santi Agostino, Ambrogio, Atanasio e Giovanni Crisostomo).

giovedì 14 ottobre 2010

Rieti: l’ombelico d’Italia ed il teatro Vespasiano

Quando si parla di Rieti, si associa il concetto di ombelico. Non è una battuta poiché Rieti per dirla con il reatino Varrone è proprio “umbilicus Italiae”, avendo una posizione al centro della penisola e di quella regione sabina considerata dagli antichi come la gran madre dei popoli italici e della quale Reate fu la capitale.

Rieti è una città ridente, ma anche fredda perché ai piedi del monte Terminillo.
Cicerone paragonò la sua conca pianeggiante cinta da alte montagne e percorsa dal fiume Velino alla tessalica Tempe,la verdissima valle ai piedi dell’Olimpo.
I maggiori monumenti, sebbene siano presenti anche testimonianze della civiltà romana e tracce ancola più lontane del leggendario ratto delle sabine, sono soprattutto medioevali.

Tra questi di particolare rilievo è il Duomo dell’Assunta con forme romaniche che risalgono ai secoli XII-XIII secolo. Non meno importante è il campile romanico con due piani di doppie bifore All’interno vi sono opere del Bernini, di Antoniazzo Romano e la notevole statua di Santa Barbara scolpita da Giannantonio Mari su disegno del Bernini.

Di rilievo sono altresì il Palazzo vescovile, la chiesa gotica di S. Agostino e la chiesa romanica di S. Pietro ed ancora il Palazzo Comunale ove ha sede il museo civico, il palazzo Vecchiarelli e la chiesa di S. Antonio progettata da Jacopo Barozzi detto il Vignola.

Nella metà del secolo XIX Achille Sfondrini che aveva già realizzato il teatro Costanzo di Roma, eresse il teatro Flavio Vespasiano in omaggio all’imperatore Vespasiano illustre figlio della Sabina, non certo noto soltanto per avere istituito i Vespasiani
http://curiositlessicali.blogspot.com/2010/09/pecunia-non-olet.html#links

A seguito di un terremoto nel 1898 l’edificio ebbe danni irreparabili . . La bella cupola dipinta da Giacomo Casa non è restaurabile e il Comune affida a Giulio Rolland la ridipintura. Lavoro impegnativo, quello dell'artista, per le difficoltà oggettive

L'occhio dello spettatore è attratto dalle parti narrative di un corteo che celebra il tema del trionfo di Tito e Flavio a Roma dopo la conquista di Gerusalemme. Lo sfondo si nutre delle possenti architetture della Roma Imperiale, e ben si evidenzia l'Arco di Tito, sotto il quale scorrono soldati, prigionieri, trofei e insegne. Spicca la quadriga con gli imperatori e ovunque è percepibile la profondità della pittura così come il candelabro a sette bracci, simbolo della cultura religiosa ebraica.

I dintorni di Rieti sono ameni e vi dimorano importanti luoghi francescani: il Romitorio Poggio Butone, il convento di Fonte Colombo, il convento di SanGiacomo l’remo di Snta maria della Foresta

martedì 12 ottobre 2010

I caffè storici e letterari di Torino

Torino, come Praga e Trieste, è ricca di caffè storici e culturali in cui si è fatta la storia d’Italia.

Ciò accade da tempi antichi, già dall’epoca di Carlo Alberto di Savoia Carignano che, rivolgendosi ai suoi consiglieri, domandava per essere informato sulla situazione politica cosa si dicesse al Caffè Torino.
Cavour era solito recarsi al Caffè Fiorio, Massimo D’Azeglio, Giolitti ed Einaudi preferivano Baratti&Milano, mentre De Gasperi si rilassava al Caffè Torino. Alexandre Dumas era un habitué del Bicerin (il “bicchierino”), Guido Gozzano frequentava le sale Art Nouveau di Mulassano,
Ed ancora proprio in piazza Carignano si trova ancora oggi Il Cambio, caffé-ristorante che, a dispetto del nome, conserva uno stile passato indenne attraverso le mode. Definito «succursale del parlamento», era affollato di deputati, uomini di governo, alti burocrati. Camillo Benso di Cavour ne era cliente fisso, e targa in bronzo e nappa tricolore segnano ancora il posto a lui riservato per il pranzo.
Un altro breve tratto di portico e ci si trova in via Po, al Fiorio. Tra gli habitué figuravano personaggi eccellenti, da Giovanni Prati a Cavour, che qui discuteva con D'Azeglio e Rattazzi le sorti della neonata Italia. Del tempo che fu il vecchio Fiorio mantiene, nelle tranquille sale interne, i suoi tratti caratteristici: camerieri lenti e silenziosi, divanetti imbottiti che invitano al sommesso conversare, stucchi ingialliti, specchi che paiono moltiplicare il passato splendore.
Nella piazza della Consolata, si trova Al Bicerin che trae il nome dall’omonima bevanda (un misto di cioccolata, caffé e crema di latte) in esso inventata e sapientemente servita.

È una piccola, calda saletta aperta nel 1763 come «bottega dell'acquacedrataio e confettiere» da Giuseppe Dentis e trasformata in cioccolateria nella prima metà dell'Ottocento.
Chi visita Torino dunque non può trascurare  di entrare in uno dei famosi caffè  e goderne l'atmosfera piena di fascino.

lunedì 11 ottobre 2010

L'architettura di Guarino Guarini a Torino

Torino spartiacque tra la cultura d’oltralpe francese e italiana eccelle come una delle più interessanti città italiana per la sua storia, per la sua cultura e  per l’arte.
Rivolgiamo qui l’attenzione alla Torino del Guarino Guarini , religioso dell’ordine dei Teatini, uno dei maggiori architetti del ‘600 che ebbe modo di conoscere a Roma le architetture di Francesco Borromini derivandone una profonda influenza sulle sue opere, di cui rilevante è l’impronta nel capoluogo piemontese.
Non è secondario porre in evidenza inoltre  che Guarini appartenesse ad un ordine religioso. E’ un interessante filo conduttore che collega Torino a Roma ove  si distinse per la sua scenografica architettura un altro grande  artista religioso il contemporaneo Andrea Pozzo appartenente all’ordine dei Gesuiti.
L’opera di maggiore rilievo del Guarini sul territorio piemontese è  senza dubbio Il Santuario della Consolata il cui edificio attuale è un ampliamento della precedente chiesa di sant'Andrea. A partire dal 1678, per volere della Madama Reale Maria Giovanna Battista di Savoia Nemours Guarini trasformò la navata centrale dell'antica chiesa di Sant'Andrea in quello che è oggi il corpus ellittico, cuore del santuario

Appena tre anni dopo, nel 1706, la basilica fu il centro propulsore della fede e della religiosità torinese durante i duri giorni dell'assedio franco-spagnolo La città si raccomandò alla Madonna Consolata per la propria salvezza, e come ex voto vennero posti, nei punti di maggiore importanza della città, una serie di piloncini recanti l'effige della Vergine e la data memoranda: 1706.

Filippo Iuvarra e, soprattutto, Carlo Ceppi contribuirono alla trasformazione del santuario. Allo Juvarra si devono i lavori di abbellimento interno, specialmente l'altare, del 1729. Al torinese Carlo Ceppi i lavori di ampliamento, a metà Ottocento, che videro l'erezione dell'elegante pronao sulla piazzetta omonima e delle cappelle ellittiche che coronano il santuario, in gusto neo-barocco.

Tra il  1668 e il 1587 Guarini  realizza per i Teatini la chiesa di San Lorenzo a pianta centrale ottagonale, con i lati di forma convessa con un presbiterio ellittico posto trasversalmente che introduce un asse principale nella composizione; la copertura è costituita da una cupola a costoloni che si intrecciano fino a formare l'ottagono sul quale poggia la lanterna

Del Guarini non è solo la cappella posta nella parte absidale del Duomo  posta nella parte absidale del Duomo di Torino a contatto con il Palazzo Reale,ma anche  progetta  Palazzo Carignano basato su una pianta ad U, che presenta una monumentale facciata che alterna tratti concavi con parti convesse in una configurazione forse riconducibile ai progetti del Bernini per il palazzo del Louvre  e al Castello di Vaux le Vicombe, ma anche all'Oratorio dei Filippini del Borromini

Su richiesta di Emanuele Filiberto detto il  Muto, secondo Principe di Carignano Guarini realizza, a partire dal 1676 la facciata settentrionale del Castello di Racconigi con le due torri a pagoda e la copertura del cortile medioevale del palazzo, là dove oggi sorge   oggi rinvenuta nei cosiddetti appartamenti cinesi (caminetti e cornicione) e nella sala di Diana.

mercoledì 6 ottobre 2010

Bath: le famose terme romane nel Regno Unito

Nella regione inglese del Sud Ovest, nella contea del Somerset, si trova Bath, un’elegante città molto famosa come centro termale certamente il più famoso della Gran Bretagna: il suo nome, infatti, prende origine dai bagni romani, in inglese "bath" costruiti dai romani intorno al 43 e verosimilmente su un insediamento precedente costruito dai Celti, comprensivo anche di un santuario dedicato al dio Sole.
Si presume che le acque sulfuree che scorrono sotto la città siano utilizzate da oltre 2500 anni. Le acque di queste terme vengono chiamate Aquae Sulis. Nel corso degli anni, la città passò per vari conquistatori, finendo infine sotto il dominio dei Sassoni che le diedero il nome attuale.
Bath contiene ben 43 sali minerali ed e' spillata direttamente da una fonte rimasta praticamente immutata dal giorno della sua costruzione, nel 1795.
La città è attraversata dal fiume Avon che scorre a circa 15 metri al di sotto del livello stradale ed è. adagiata nella morbida campagna della verde contea inglese, dai pendii dolci e i prati di velluto,
Bath è una meta indimenticabile, tra le più belle città del Regno Unito, non solo per le bellezze architettoniche che gelosamente custodisce, ma anche per la vivacità culturale e l’energia di cui gode.
La costruzione dell'attuale centro storico avvenne nel XVIII secolo, in stile Georgiano, per soddisfare il crescente bisogno di benessere e comfort da parte dei visitatori delle terme. Alcuni importanti edifici si trovano raccolti in un breve spazio, in particolare le terme romane, The Abbey Church e Guildhall.
L’abbazia che era originariamente una cattedrale normanna che venne poi ricostruita in stile gotico nel secolo XVII si trova infatti sulla stessa piazza dove sono ubicate le Terme Romane e la Guildhall, ovvero il Municipio della città. La città di Bath che è stata dichiarata dall'UNESCO patrimonio dell'umanità nel suo insieme presenta un aspetto neoclassico e palladiano molto suggestivo nel contrasto con le terme romane.
Situata nell'ondulata campagna del Somerset, a meno di due ore da Londra, Bath è quindi un indimenticabile luogo da visitare.



























lunedì 4 ottobre 2010

La Cattedrale e la Cappella Sistina di Anagni





Quando si parla di Cappella Sistina, il pensiero va inevitabilmente a Michelangelo l’autore principale di questa mirabile opera d’arte del Vaticano.In Italia tuttavia vi sono altre cappelle Sistine : Una è quella di Tornimparte di cui abbiamo già trattato in questo blog; l’atra è la cappella sistina sotterranea e più precisamente la cripta della cattedrale di Anagni aperta al pubblico soltanto negli anni 2000.
Qualche cenno storico su Anagni
In Italia tuttavia vi sono altre cappelle Sistine : Una è quella di Tornimparte di cui abbiamo già trattato in questo blog; l’atra è la cappella sistina sotterranea e più precisamente la cripta della cattedrale di Anagni aperta al pubblico soltanto negli anni 2000.Qualche cenno storico su Anagni
E’l'antica "Anagnia" capitale della Confederazione degli Ernici che si erge su di una collina tra i monti Ernici e la Valle del Sacco. La leggenda la annovera tra le cinque città della Ciociaria fondate da dio Saturno (Anagni, Alatri, Arpino, Atina e Ferentino, quest'ultima detta anche Antino). Sottomessa dai Romani nel 306 a.C., divenne prefettura e poi municipio.
Nel 1160, durante le lotte tra papa Alessandro III e Federico Barbarossa, ad Anagni venne pronunciata la scomunica contro l'imperatore e contro l'antipapa Vittore IV. Fu libero comune e nel secolo XIII cadde sotto la signoria dei Caetani. In questo periodo visse una fase di straordinario splendore, dando alla Chiesa ben quattro papi e divenendo residenza pontificia, tanto da meritare l'appellativo di "Città dei Papi" (Innocenzo III, Alessandro IV, Gregorio IX e Bonifacio VIII).

Fu teatro delle lotte tra i Colonna, il re di Francia Filippo il Bello e papa Bonifacio VIII, che qui venne fatto prigioniero e avvenne il celebre episodio dello schiaffo di Anagni.

Anagni che nel 1798 prese parte ai movimenti giacobini che portarono alla Repubblica Romana ha un centro rigorosamente medievale, fatto di edifici eleganti ed austeri, di chiese romaniche, di campanili, di logge e di piazze dall'architettura sobria ed essenziale, sono di grande interesse il duecentesco palazzo di Bonifacio VIII, il Palazzo civico, la casa Barnekow e le numerose chiese

Tra questi spicca la Cattedrale di stile romanico a cui si è aggiunto poi lo stile gotico con la splendida cripta i cui affreschi costituiscono uno dei più interessanti cicli pittorici del Duecento italiano. (1104-1255)
Al visitatore che si accosta alla Cripta di San Magno di Anagni, definita "una piccola Sistina sotterranea" da Gianfranco Ravasi, biblista di fama mondiale, è difficile trattenere l'emozione di fronte ai colori e alla bellezza delle figure affrescate.
Si parla di tre maestri differenti per lo stile pittorico dei dipinti in un arco di tempo che oscilla tra il 1231 e il 1255, anno della consacrazione ad opera di Papa Alessandro IV. Per la datazione degli affreschi si ritiene che nel 1237 Pandolfo, vescovo di Anagni, chiamò il pittore benedettino Frater Romanus e altri due maestri per dipingere il ciclo della cripta, che il vescovo Pietro Da Salerno aveva fatto costruire nel 1063.
 La Cripta di San Magno si trova sotto la navata trasversale della Cattedrale superiore. Vi si accede da due lunghe scale delle navate. La cripta è divisa da due file di piccole colonne in tre navate nella direzione della lunghezza, ha ventuno volte affrescate con diversi temi, i capitelli e i fusti delle colonne sono di travertino, e tre absidi i cui muri reggono quelli della chiesa superiore. L'abside centrale, che contiene l'altare con il corpo del santo, presenta l'affresco sul tema dell'Apocalisse nella parte superiore, nella parte inferiore c'è la storia di San Magno che venne a predicare il Vangelo nel secolo terzo ad Anagni. Il pavimento cosmatesco, fu realizzato ai primi del XIII secolo, ed è opera del Maestro Cosma come ricordano le iscrizioni ai piedi dell'altare e del muro.












domenica 3 ottobre 2010

La stazione zoologica Antonio Dohrn a Napoli


Napoli è nota al mondo per le sue bellezze paesaggistiche, per l’arte e la cultura ( basti pensare che tutta l’attività filosofica di Benedetto Croce si è esplicata a Napoli ove a ricordo è rimasto il celebre palazzo Filomarino).

Napoli tuttavia è una stella di prima grandezza in capo scientifico di cui è testimonianza ad esempio feconda l’università Federico II.
Non meno celebre è la Stazione Zoologica Anton Dohrn la cui sede principale si trova al centro della Villa Comunale di Napoli, a pochi passi dal mare, del Golfo. Attività di ricerca viene effettuata anche in Ischia presso la Villa Dohrn, luogo strategico nel cuore per gli studi in ecologia bentonica.
La stazione zoologica, fondata nel 1872 dal naturalista e zoologo tedesco Anton Dohrn, nato a Stettino 1840 e laureato a Berlino in Scienze Naturali ed amico di Darwin.
La Stazione sorta  per la conoscenza e lo studio della flora e della fauna del mare, a giudizio di Dohrn, avrebbe potuto rappresentare un centro privilegiato per lo studio embrionale degli animali marini. e per raccogliere informazioni preziose su molti aspetti dell'evoluzione.
Essa rappresentò ben presto una delle più autorevoli Istituzioni scientifiche cittadine, affiancando le esistenti in Napoli: l'Orto Botanico a Foria e l'Osservatorio Astronomico di Capodimonte.

Fu la prima istituzione di derivazione non borbonica e fu fondata proprio a Napoli per scelta dello stesso Dorhn, affascinato dalla città e interessato per la ricchezza faunistica del golfo. L'Acquario di Napoli con annessa Stazione zoologica divenne un Centro Mondiale di studio della Biologia marina. Il successo della Stazione Zoologica, e il nuovo modo di condurre e finanziare le ricerche rappresentano le principali eredità di Dohrn. Successivamente, in ogni parte del mondo sorsero centri di ricerca scientifica ispirati al modello della Stazione Zoologica di Napoli, che può quindi essere considerato il primo centro di ricerca.La Stazione Zoologica infatti anticipò in piena epoca industriale un modello di pianificazione di ricerca scientifica post-industriale, che introdusse concetti moderni come l’interdisciplinarità, la capacità manageriale di autofinanziamento (attraverso l’acquario e la vendita di animali marini ad altri istituti di ricerca, ecc.), la promozione della cooperazione e collaborazione di tutte le persone coinvolte nella ricerca (collaboratori, tecnici, pescatori e inservienti). Nei suoi laboratori hanno operato attivamente ben 19 premi Nobel dando significativo impulso allo sviluppo delle scienze biologiche.
Continuano oggi attività di ricerca prestigiose e nella sede prestigiosa annessa a Via Caracciolo si svolgono seminari e convegni di carattere internazionale.